I
DELITTI DEL FANTASMA INCANDESCENTE (3°Parte)
Cos’è
successo nelle prime due parti?
Bianca
viene invitata da Barbara in una baita in montagna, ritrovo di alcuni laureandi
con la passione per la sceneggiatura e la scrittura.. Il giorno dopo, infatti,
avverrà un incontro con un noto scrittore di libri gialli. Decidiamo di unirci
anche noi. Durante la serata facciamo la conoscenza di tutti i membri del club,
ma durante la notte accadde qualcosa di imprevisto. La mattina dopo ritroviamo
il cadavere di Sandro in uno sgabuzzino della baita. Chi è il colpevole?
Intanto Katia è sconvolta e ha un’accesa discussione con Barbara. Io e Flavio
perlustriamo la stanza della vittima, ma non troviamo niente di rilevante.
Intanto Katia, uscita con Bianca, Fabio e Andrea per una passeggiata, viene
assalita da un uomo con passamontagna ed un lungo mantello nero. Questi la
porta via e poco dopo la ritroviamo cadavere nel boschetto adiacente alla
baita. L’assassino non ci da scampo, ma chi sarà?
Sigla di oggi: "Wherever you are" by Madi Diaz.
CAPITOLO
IV - Collegamento
«Non possiamo nemmeno chiamare la
polizia, vero?» domandò Giuseppe. Era in preda al panico e gli occhi gridavano
incredulità e terrore.
«No. Avete preso una baita senza
telefoni fissi e i cellulari non prendono in questa zona» rispose Flavio.
«E lei come fa a saperlo?»
domandò Veronica. Era stata in silenzio tutto il tempo e aveva passato minuti,
ore a piangere senza interruzione. Non le sembrava possibile che tutto ciò
stesse accadendo davvero.
«Crede che non abbia già provato
a telefonare? Ho provato con tutti i cellulari che avevo a disposizione, ma
nessuno ha la linea».
«Siamo fottuti» disse
ironicamente Elia.
«Che cos’è questo?» disse Barbara
avvicinandosi ad un luccichio. Si chinò a terra e cominciò ad esaminare chissà
cosa.
«Barbara, cosa fai? Hai trovato
qualcosa?» le domandò Bianca.
«Non so … c’è un pezzetto di
carta che brilla qui …».
«Fa’ vedere» le dissi facendola
scostare.
«Ehi, che maniere!».
Mi chinai anch’io su quel piccolo
pezzo di carta, e al tatto mi accorsi che altro non era che scotch.
«Nastro adesivo fluorescente».
«Cosa?» domandò Flavio.
«Nastro adesivo fluorescente»
ripetei alzando lievemente il tono della voce.
«E cosa ci fa lì?».
«Questo vorrei tanto saperlo
anch’io. Questo però ci fa capire una cosa …».
«Uh?».
«Il fantasma che diceva di aver
visto Katia, probabilmente usava questo stratagemma per sembrare
incandescente».
Vidi che i loro volti non erano
convinti.
«Pensateci bene … al buio,
tranquillizzati dal sonno … può sembrare che questo nastro sia come infuocato».
«Be’, il ragazzo non ha tutti i
torti» asserì Laura.
«Cercate di ricordare» disse
Flavio rivolgendosi a Fabio «c’è qualcosa che avete notato, magari di sospetto,
al momento del rapimento? Una frase, un atteggiamento. Tutto fa brodo».
Il ragazzo ci pensò un po’ su,
poi roteò gli occhi al cielo e disse che non aveva notato niente di particolare.
Bianca invece ricordava una frase.
«Ha detto più o meno così … »
sussurrò tra sé e sé.
«Cioè? Puoi ripetere?» le chiese
suo padre.
«”Perché lo fai”?».
Flavio assunse un atteggiamento
pensieroso. «Capisco» ultimò.
Beato lui.
Tornammo alla baita e Laura ci
preparò dell’ottimo caffè. Era espresso, una cosa leggera. Ricordo che Flavio
lo prese corretto, come al solito, mentre io macchiato.
«Fratellone, mi porti in bagno?»
mi chiese Andrea. Dovevate vederlo, con i suoi piccoli e frenetici occhietti
che mi chiedevano di accompagnarlo.
«Cos’è questa novità? Di solito
ci vai sempre da solo».
«E che …» mi fece abbassare alla
sua altezza, poi si avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò:
«E se incontro il fantasma?».
Lo guardai scioccato. Poi
dolcemente lo carezzai. «Non c’è alcun fantasma, vai tranquillo».
«Fratellone, ho paura …».
«E dai Andrea, fa il bravo
bambino …».
«Se vuoi ce lo porto io»
intervenne Bianca.
«Be’ … ma ci sa andare anche da
solo e …».
«No! Bianca no!» esclamò Andrea.
Divenne rosso in viso e le gote gli divennero infuocate.
«Come no?» gli domandai
incredulo.
«No! Dai Alex, vieni con me!».
Dopo aver sorriso imbarazzato
verso Bianca, sbuffai un po’ e decisi di accompagnarlo. Mentre salivamo le
scale gli domandai:
«Si può sapere perché non hai
voluto che ti accompagnasse Bianca?».
«Ma lei è una femmina!».
«Tutto qui?».
«Come “tutto qui”?».
«Tutto qui?» ripetei.
«Ma è una femmina!».
«Hai cinque anni … ti vede come
un bambino!».
«Ma io sono un bambino!».
«Appunto … perché dovresti …».
«Perché i maschietti vanno al
bagno con i maschietti e le femminucce con le femminucce! Te lo sei scordato?».
«Sì, è chiaro, ma Bianca ormai è
come una sorella per te. Non ci sarebbe stato niente di male se …».
Non mi fece nemmeno finire di
parlare e si infilò nel bagno.
«Fà presto, almeno» gli urlai.
Mentre lo aspettavo continuavo a
pensare al caso. L’assassino era stato molto ambiguo. L’unica cosa che avevamo
di lui era un pezzetto di nastro adesivo fluorescente e le parole pronunciate
da Katia nei suoi confronti. Senza dubbio era una persona molto preparata.
Chissà da quanto tempo stava premeditando di compiere quella brutalità.
Notai che la porta della camera
di Katia era aperta. Che strano, mi sembrava che Flavio l’avesse chiusa. Entrai
e vidi che gli effetti personali della ragazza erano rovesciati a terra. La sua
valigia era aperta e sul parquet c’erano deodoranti, profumi, portafoglio,
chiavi, tessere bancomat, insomma, tutto ciò che potesse servire in qualche
giorno di relax.
Poi vidi una foto rovesciata. Era
vecchia, scattata da una Polaroid. La foto ritraeva Giuseppe e Katia, vicini,
in atteggiamenti senza dubbio equivoci, ma al contempo lampanti per un punto di
vista esterno come il mio.
Ora cominciavo a capire e la cosa
diventava sempre più chiara. La fotografia aveva aperto gli spazi per un tipo
di deduzione molto precisa. A terra c’era anche il cellulare della ragazza e
aprendolo mi accorsi di quanto il caso fosse all’apparenza complicato, ma allo
stesso tempo semplice e quasi elementare.
«Fratellone, scendiamo? C’è un
caso da risolvere!» mi urlò Andrea.
Uscii dalla stanza e quasi in
trance gli dissi: «Sì, è vero, ma è solo questione di tempo … ».
CAPITOLO
V – Sbattere in faccia la realtà
«Speriamo si risolva tutto. Ho
paura e voglio andare a casa» sentii dire a Laura.
«Tutto questo ha però un animo
quasi gotico, non trovate?» disse freddamente Veronica.
«Gotico? Tu sei matta, altro che
gotico!» interruppe Giuseppe.
«Che intendi precisamente con il
termine “matta”?» gli chiesi.
Mi guardò fisso per un attimo.
Poi inarcò leggermente il sopracciglio sinistro e rispose.
«Che … che domande sono?».
«Sono pur sempre domande, no?
Rispondi …».
«Non è sana di mente insomma. Non
serve un genio per capire che …».
«Quindi» dissi interrompendolo
maleducatamente «per te una persona “matta” è un insano di mente, uno
psicopatico, un socialmente disadattato, giusto?».
«Non la metterei proprio …».
«Dimmi, per te … un assassino è
folle?».
Una piccola lucina gli balenò
negli occhi e per un attimo mi parve di aver stabilito con lui un collegamento
indissolubile.
«Sicuramente» rispose
freddamente.
«Bene. Sapete,» dissi
rivolgendomi all’intera stanza «sono accadute molte cose strane ultimamente e …
».
«Sono avvenuti ben due omicidi!»
disse Flavio entrando in discorso. «E mentre cerco di ragionare, gradirei che
tu stessi zitto!». Mi si era parato davanti e pur tenendo lo sguardo basso
riuscii ad intravedere i suoi occhi che mi scrutavano rabbiosi.
«Gradiresti, eh? E se ti dicessi
di sapere chi è l’assassino?».
«Cosa?!» esclamò urlando. Balzò
all’indietro e mi sentii così tanti occhi addosso da provare imbarazzo.
«Conosci il nome dell’assassino?»
domandarono in simultanea Bianca e Fabio. «Ma non è possibile. Hai trovato
qualche indizio?» domandò quest’ultimo.
«Già» dissi avvicinandomi alla
libreria. Il padrone di quella baita doveva essere molto colto. Avevo notato
decine e decine di libri sulla medicina e volumi sui principi della medicina
interna, analisi di pagine e pagine sulla psicologia clinica, tomi sulle
esigenze anatomiche e quant’altro.
«E quali sono?» chiese ancora
Fabio. Sembrava un bambino il giorno di Natale.
«Al tempo. Innanzitutto
ricapitoliamo tutto ciò che è accaduto. Prima abbiamo ritrovato il cadavere di
Sandro in uno sgabuzzino e poi quello della sua ragazza Katia, in mezzo al
boschetto».
«Fin qui è chiaro» disse
Veronica. «Nulla di difficile».
«Lieto di sentirtelo dire, perché
il difficile arriva proprio adesso. Partiamo dalla prima cosa strana. Nel
boschetto abbiamo ritrovato un piccolo pezzetto di nastro adesivo fluorescente»
affermai mentre giocherellavo con un soprammobile a forma di elefante.
«Forse voi ignorate» continuai
«che questo tipo di nastro adesivo è servito al nostro assassino per poter
convincere tutti della sceneggiata del fantasma incandescente. Infatti, il
fatto che Katia vedesse l’assassino, era già premeditato da tempo!».
«Cosa? Vuoi dire che l’assassino
si è fatto notare apposta dalla vittima?» chiese Flavio.
«Quasi. Il fatto è che in questa
situazione … recita un ruolo molto importante l’amore».
«Cosa c’entra adesso l’amore?»
chiese Barbara confusa. «Scusami Alex, ma non capisco …».
«Vedete … come posso spiegarlo?
L’assassino ha voluto farsi vedere da Katia perché …» mi fermai.
«Perché?» mi incitò Bianca.
«Perché è stata la stessa Katia a
chiederglielo!».
«Cosa? Stai vaneggiando! Katia
non può aver …» Flavio era fuori di sé e sembrava infervorato.
«Oh sì che ha potuto. Ha potuto
eccome. Perché Katia era complice dell’assassino!».
«Katia era … era complice del
fantasma?» domandò Elia.
«Ma quale fantasma! Non l’hai
ancora capito? L’assassino si è avvolto completamente in un fascio di nastro
adesivo fluorescente. Al buio avrebbe brillato e così avrebbe dato
l’impressione di una creatura soprannaturale. La cosa bella però è che Katia è
stata tradita dal suo stesso complice, finendo così per essere uccisa a sua
volta».
«Ma quali prove hai per affermare
questo??» mi chiese Bianca.
«Ricordi le parole di Katia?».
«Certo … ».
«Potresti ripeterle, per
favore?».
«”Perché lo fai?”» ripeté a bassa
voce con lo sguardo nel vuoto. Era come se stesse ragionando.
«Quella frase, in quella
determinata circostanza, fa capire che l’assassino è in realtà un conoscente
della vittima, altrimenti avrebbe gridato di lasciarla stare, o cose simili. Di
conseguenza, è così che ho dedotto che Katia forse conosceva il suo aggressore.
Una vittima normale avrebbe gridato, avrebbe implorato aiuto, ma non avrebbe
mai urlato a squarciagola quelle parole» dissi forzando la voce.
«Ok, ma è tutto qui?».
«No di certo. L’assassino
comunicava quotidianamente con la vittima, gli spediva messaggini e i due erano
praticamente amanti. Insomma, l’omicida di Sandro e di Katia, altri non è che
Giuseppe! Sei stato tu, confessa!» urlai puntando il dito contro il ragazzo.
Il ragazzo scoppiò in una
fragorosa risata. Poi si alzò lievemente dal divano e mi venne incontro. «Devi
dimostrarlo, piccoletto».
Ok, non ero un gigante, ma
chiamarmi addirittura “piccoletto”, mi sembrava nettamente eccessivo.
«Lo farò. Guarda, non ti conviene
continuare a negare. Il nastro adesivo nel quale era avvolto il fantasma è un
tipo di scotch che si usa nel mondo del teatro, oppure dello spettacolo. Serve
per far capire agli attori quale posizione assumere o in quale posizione del
palco fare la propria entrata quando le luci sono già state spente».
«E quindi? Vorresti incolparmi
solo perché faccio lo sceneggiatore e sono in contatto diretto con il cinema, o
con il teatro? Non ti pare che la tua accusa sia fragilina?» mi chiese
arrabbiato.
«Allora spiegami i messaggini sul
cellulare della vittima. Spiegami questi!» gli dissi mostrandogli il cellulare.
Poi continuai «Mercoledì. Katia
manda un sms a Giuseppe. “Non vedo l’ora di stare con te amore mio. Mi manchi e
qui la situazione è molto piatta … A stasera”».
Stava crollando.
«Giovedì mattina, ore cinque e
quarantacinque. “La notte che ho passato con te è stata la più bella della mia
vita. Grazie per essere solo mio. Tra poco sarò anch’io solo tua. Ti amo”».
Si grattò la fronte, come per
simboleggiare stanchezza e frustrazione.
«Venerdì. Ore dieci e
venticinque. “Non ce la faccio più. Altro terzo grado. Sbrigati a farmi solo
tua”. E poi ancora, c’è n’è un altro di Sabato che …».
«Basta così …» disse lasciandosi
andare sulle ginocchia.
«Perché l’hai fatto? Sandro non
ti aveva fatto nulla!».
«Sandro era una persona orribile,
un mostro. Katia era così delicata, così amorevole. L’amavo troppo».
«L’amavi, eh?» disse Bianca
intervenendo. Aveva osservato tutta la scena con gli occhi bassi e adesso
questi le si erano riempiti di lacrime.
«No, tu non l’amavi affatto! Una
persona che ne ama un’altra non si sognerebbe nemmeno di accostare vicino due
sentimenti tanto forti quanto diversi come odio e amore. In realtà, non hai mai
amato quella donna! Era solo una bambola con la quale ti divertivi a giocare! E
come se non bastasse l’hai anche uccisa! Sei un mostro!» e così dicendo gli
tirò un violentissimo schiaffo sulla guancia. Fabio fece un’espressione di
stupore, ma temendo in una reazione dell’assassino la ritirò indietro con la
forza.
Non avevo mai visto Bianca così
arrabbiata, a parte quando suo padre le parlò della verità a proposito di sua
madre.
«L’hai uccisa perché non ti
voleva più, non è vero?».
«Già» disse con gli occhi bassi.
«Si era già innamorata di un altro e una volta compiuto il delitto … ha
cominciato a mandarmi sms minatori, minacciando di rivelare tutto alla
polizia».
Tutto finì lì, in una breve ma
intensa foschia che avvolse quella maledettissima baita. Finì con le lacrime di
Bianca, lo stupore di Fabio, la fermezza di Flavio e il mio sguardo severo.
Finì tutto con l’amore e con
l’odio, tutto com’era cominciato.