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sabato 31 dicembre 2011

Alex Fedele: Le punizioni della Karen 2°parte(stagione 1;episodio 20)

Matteo Iacobucci e tutto il mondo di AF vi augurano un sereno anno nuovo!

LE PUNIZIONI DELLA KAREN(2pt)

PROLOGO: Chi può commettere un crimine efferato come l'omicidio? Chi sarà il misterioso assassino che ha tolto la vita a Riccardo Montervino? Alex indaga e ... 

Cos’è successo nella 1°parte?: Bianca vince una crociera risolvendo insieme a me un gioco di logica su internet. La crociera sarà nel Mediterraneo e vede oltre a noi(io, Bianca, Flavio e Andrea), altri 7 passeggeri. Per i primi due giorni va tutto bene, ma la sera del secondo giorno, il capitano della nave si accorge che un passeggero è in mare. Viene ripescato e appuriamo che si tratta di Riccardo Montervino, lo stuntman che era partito con noi. Sembra un incidente, ma sulla testa c’è del sangue coagulato e sotto le unghie ci sono frammenti di pelle umana. NON E’ STATO UN INCIDENTE!




CAPITOLO IV – La donna offesa

«E’ inaudito! Mi ritengo insultata!» sbottò Orietta Lonsi. «Una professoressa della mia levatura, della mia personalità, del mio tatto … trattata come un criminale da quattro soldi! Io vado nella mia cabina signori!» e si voltò di scatto. L’aveva fatta davvero arrabbiare. Tutto il resto della folla guardava in basso e restava in silenzio.
«Sarà meglio chiamare qualcuno» ricominciò a parlare Flavio.
«Ho già provato io detective» comunicò Nelboni. «Purtroppo i telefonini non prendono. E qualcuno ha messo fuori uso il comunicatore per le emergenze».
«Che cosa?» urlai a voce abbastanza alta da essere sentito anche a chilometri da distanza.
«Già, hai capito bene ragazzo. Comunque vada, prima di toccare terra dovremmo aspettare altri tre giorni».
«Dannazione!» brontolò Flavio. «L’assassino potrebbe colpire ancora. Non abbiamo tempo e possibilità di chiamare nessuno. Siamo nei guai».
«Già» commentai. «La cosa più logica a questo punto è dire a tutti di rinchiudersi nella propria cabina e di aspettare che faccia giorno. Domattina, faremo chiarezza».
«Hai ragione» disse Flavio a occhi bassi, l’espressione pensante. «Ascoltate signori. Ognuno di voi deve chiudersi nella propria cabina ermeticamente. E quando dico ermeticamente, lo sottolineo. Non dovete uscire per nessuna ragione, siamo d’accordo? Almeno finché non faccia giorno. L’assassino è tra di noi e potrebbe colpire ancora».
La folla rispose con un cenno d’assenso. Meglio che ai agli addestramenti marines.
«In quanto a lei capitano» disse rivolgendosi a Casolare «se dovesse notare qualsiasi cosa di strano, mi avverta immediatamente».
«Sarà fatto detective».
«E comunque si chiuda anche lei con il suo vice e i ragazzi dello staff in un locale qualsiasi. Segua le disposizioni date agli altri passeggeri».
«Sarà fatto».
«Qualcuno avverta la signora Lonsi, Bianca, va ad avvertirla tu per favore» dissi ricordandomi della professoressa.
«Vado subito».
Anche noi ci rinchiudemmo nella cabina. Ma non dormì nessuno. Onestamente, a chi verrebbe in mente di dormire con un assassino a bordo? Sentivo i fruscii delle coperte smuovere il silenzio. I profumi della gente dissolversi nell’aria mentre si cercava di trovare una posizione comoda per dormire quei dieci minuti sufficienti a ricordare il proprio nome il mattino dopo. Ma non ci riuscì nessuno.
Fu una lunga notte. Presi il letto più vicino alla porta. In caso ci fosse stato un allarme, sarei sbalzato subito fuori dal letto e avrei inseguito l’assassino. Ma non si udì nulla, e la mattina venne in tarda attesa. Ma venne comunque.
Uscimmo dalle nostre cabine e decidemmo, dopo una breve doccia, di ritrovarci tutti per fare colazione. Era appena l’alba, ma eravamo già esausti. Che vita.
«Manca solo la signorina Lonsi all’appello» sentenziò Bianca.
Passò qualche secondo. Poi la mia testa cominciò a frullare, i miei occhi a sbarrarsi, il mio cuore a pulsare più velocemente. Il sesto senso è una cosa che può essere bella o brutta per un detective. Ti aiuta nelle indagini, ma non ti soddisfa mai appieno. E’ un po’ come … avete presente quella sorta di smania che hai da piccolo, quando vuoi vedere la tv fino a tardi, ma ti dicono di andare a dormire. Allora tu insisti, pur di rimanere sveglio come fanno i grandi, ma mentre guardi lo schermo, rimani fisso, con gli occhi che appassiscono ad ogni secondo che passa.
Mi sentivo così quando mi alzai di scatto, rovesciai a terra il cappuccino e corsi verso la cabina della signora Lonsi. Avevo quello che si dice “brutto presentimento”. Chiamatemi scemo, idiota, cretino, falso, esagerato, ma ce l’avevo. Che dovevo fare? Non fidarmi dei miei istinti? Corsi vero la cabina della professoressa Lonsi. Non era da lei tardare. Nei giorni che avevano preceduto quell’incubo, era stata sempre la più puntuale, la più precisa, la più riguardosa, in ogni ambito.
La cabina era chiusa, ma non a chiave. Così entrai. Ma qualcosa frenava la mia entrata. La porta non scivolava oltre una certa distanza. Diedi un’occhiata, scrutando ciò che era al di là della porta. La morte delle persone è molto, molto impressionante. La signora Lonsi, non era più tra noi. Il suo corpo giaceva a terra, sparso di sangue, che partiva dalla testa.
Flavio mi aveva seguito di corsa. Mi aveva urlato addosso, chiedendomi se fossi diventato matto o cosa. Ma quando i nostri sguardi si incrociarono, capì anche lui che me n’ero andato per un motivo.
«No … » sussurrò a voce bassa. «Non dirmi che … » continuò.
Feci un breve, rapido e solenne cenno col capo. Uno di quelli che ti svelano la verità come non vorresti mai saperla.
«No!» urlò con rabbia. E diede un pugno violento contro gli oblò della nave. Il capitano Casolare cercava di calmarlo. Ma non c’era niente da fare. Era un fiume in piena. Il sentimento si era mescolato con l’assidua professionalità. Purtroppo è così che accade.
Aprimmo pian piano la porta. Orietta Lonsi era distesa a terra, in un lago di sangue, con i passeggeri che la guardavano, con in faccia un’espressione di pena  mista al terrore. C’era davvero qualcuno che voleva far male ad ognuno di loro. La donna era deceduta da circa quattro ore, con un colpo di testa in piena fronte.
Era distesa a terra contro la porta, in vestaglietta intima.
«E’ deceduta per un colpo di arma da fuoco alla testa» commentò Flavio. «Un’altra vittima, dannazione» si lasciò poi sfuggire.
Mi chinai sul corpo. Notai che nella mano sinistra aveva un accendino. Lo riconoscevo. Era quello che amava manipolare mentre si perdeva nelle nuvole di fumo create dalle sue sigarette.
«Chissà perché poi … quest’accendino» commentai.
«Che domande fai? Fumava no? Probabilmente voleva fumare una sigaretta prima di addormentarsi. Ma l’assassino l’ha sorpresa e non c’è stata nulla da fare» mi rimproverò Flavio in tono coinciso.
«Non credo. Nelle cabine non si può fumare. Bisogna uscire  per forza fuori. E la Lonsi non era così imprudente da uscire fuori con un assassino a bordo».
«Ora che mi ci fai pensare … » affermò Flavio raschiandosi la barba con l’unghia del medio «la porta della cabina era aperta».
«Pensi anche tu quello che penso io?».
«Tu dici che … ».
«La signora Lonsi ha aperto al suo assassino».


CAPITOLO V – Una realtà differente

Chiusa la cabina, la colazione venne normalmente interrotta. Molto triste ritrovarsi in quella situazione. Mascella, il cuoco, e quella studentessa, Elisabetta, si accesero una sigaretta, e si misero a fumare.
«Non sapevo lei fumasse signorina Elisabetta … e nemmeno lei signor Mascella» commentò Flavio.
«E’ una abitudine che ho da poco» rispose la ragazza. «Rettifico. E’ una brutta abitudine che ho da poco» e scoppiò in una mezza risata fragorosa.
«Io fumo da quando avevo tredici anni» borbottò il cuoco.
«E non le da fastidio in cucina? Cioè non le rimane attaccato ai vestiti?».
«Per niente» affermò Mascella. Guardò l’orizzonte. Poi disse «perlomeno, non se ti cambi e ti profumi prima di entrare in cucina».
«Capisco».
Intanto, Alberto Falonghieri, si alzò a fatica dal tavolo. Il peso degli anni doveva essere insostenibile per un rubacuori come lui. «Io dico che è inutile» iniziò con la voce melliflua. «Tanto ci ucciderà tutti, no? Non vale la pena farla finita adesso?». Le parole di quell’uomo mi fecero rabbrividire. Già non mi era simpatico per le occhiate che aveva rivolto a Bianca, ma adesso …
«Mi faccia capire» lo ammonii «Qual è il suo problema?» gli dissi a muso duro.
«Piuttosto, dimmi qual è il tuo ragazzo. Mi pare che tu sia un tantino adirato».
«A lei sembrano  troppe cose. Sa, ho conosciuto un tizio come lei una volta. Si vantava di essere imprenditore, di avere Porsche e Ferrari a destra e manca. Indovini un po’? Due giorni dopo l’hanno arrestato per frode fiscale».
Continuava ad allargare quel sorriso senza nessun ritegno. Che fastidio. Giuro che se avesse avuto la mia stessa età, lo avrei preso a pugni in faccia.
«Siamo nervosetti?».
«Per niente. Ma lei dice che è meglio suicidarsi invece che scoprire la verità. Ha idea di ciò che dice? Dovrebbe vergognarsi».
«Allora è così che imparano voi giovani detective» commentò mentre ero di spalle. Non mi voltai. Mi limitai ad essere tagliente nelle parole.
«Allora è così che preparano vecchi pervertiti imprenditori». Il silenzio ci avvolse. I presenti non si mossero. Flavio mi guardava arrabbiato. Nonostante non fosse legato a me in nessun modo dal punto di vista della parentela, mi riprendeva quasi in modo paterno quando facevo qualcosa di sbagliato. Come quando avevo messo nella sua birra un po’ di salsa di pomodoro. Come quando avevo rovesciato le sue pratiche per sbaglio. Insomma, non l’avevo fatto apposta …  
«Lo perdoni signor Falonghieri … » commentò Bianca. Ma la stoppai subito.
«Non la ascolti Falonghieri. Penso tutto ciò che le ho detto».
«Hai fegato ragazzino» si limitò ad osservare.
«Comunque» dissi cambiando discorso «forse sarebbe meglio mettersi alla ricerca dell’arma. Non credete?».
«Ma che genio!» disse ironicamente Flavio. «Ho già cercato dappertutto. I signori hanno vuotato tutti i loro bagagli mentre eri lì a controllare le tue cose». Inoltre « disse accendendosi anch’esso una sigaretta «ho cercato in tutte le camere con l’aiuto del capitano e del suo vice. Non ci sono tracce di nessun’arma da fuoco. Il colpevole deve averla gettata in mare».
«Cavolo» commentai camminando freneticamente
Bianca mi venne vicina poco dopo. Andrea era rimasto a giocare con un addetto staff della nave.
«Fammi capire» mi disse mentre guardavo il mare. L’alba lo rendeva rossastro,simile a quello delle migliori scenografie da film d’amore. Ma in quel momento non c’era nulla di finto, anche se avrei voluto che ci fosse.
Discostò i suoi capelli dal viso. Mi guardò mentre il mio sguardo era rivolto all’infinito. «Che problema hai?».
«Vediamo» dissi dopo una pausa di qualche secondo. «Due persone sono state uccise. Un idiota pensa che il suicidio sia la miglior carta da giocare. L’arma di un delitto è stata gettata in mare ed io sono uno stupido che non sono riuscito ad evitare tutto questo». Avevo risposto a muso duro.
«Tu non sei Dio, Alex. Non puoi evitare disastri. Tu sei un investigatore. Il tuo compito è trovare indizi e verità, non evitare sciagure».
«Hai ragione» commentai. Poi tornai lasciandola lì, in preda al rosso delle acque.
«Quantomeno espierà i suoi peccati» commentò Elisabetta.
«Cosa vuol dire signorina?» domandò Bianca.
«Be’ … io non dovrei dirlo, ma … ».
«Signorina, se si tratta di qualcosa che può esserci utile … » disse Flavio. Ma non terminò affatto la frase. Elisabetta già parlava. Reggeva poco la pressione.
«Be’, aveva dei traffici illeciti. Me l’aveva detto l’altra sera. Aveva alzato un po’ troppo il gomito … e così ha cominciato a parlare troppo. Commerciava stupefacenti a quanto sosteneva».
«E lei perché non ce l’ha detto subito?» la ammonii
«Non volevo passare per spia».
«Quando si parla di Giustizia, l’omertà è il più grande freno che le si possa porre». Flavio si era portato di spalle alla donna e parlava con la sigaretta tra le labbra, e una mano in tasca.
C’era ancora qualcosa che non capivo. Avevamo zero tracce per scoprire chi fosse il colpevole. Ma c’erano due cose che non mi spiegavo e che mi tormentavo, sempre più conscio di aver in mano non un semplice caso, ma quasi un macabro giochetto a doppio compiacimento. Il primo era quello nel provare gusto nell’uccidere persone. Il compiacimento più macabro, orrendo e fuori da ogni buonsenso che si possa avere. Il secondo, era quello di sapere di essere in pericolo e di aver agito in entrambi i casi con sfrontatezza.
Due cose non erano chiare. Perché la professoressa Lonsi aveva un accendino in mano? Ma soprattutto, perché era in vestaglietta intima davanti a una porta aperta?

ANTICIPAZIONE EPISODIO 21: Un gioco che mette in palio le vite di altre persone può essere fatto solo da persone non sane di mente. Alex lo capisce ed in una nuova avventura colma di emozioni, sta a lui trovare il filo conduttore degli omicidi in serie. Non finisce qui ... ALEX FEDELE EPISODIO 21: Le punizioni della Karen(3°parte) Solo qui, a partire dal 7/12/2011! NON PERDETELO PER NESSUNA RAGIONE!

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