AVVISO: A causa di vari impegni personali, la puntata di AF va in onda con 24 ore di ritardo rispetto al solito. Mi scuso personalmente per il ritardo.
Sigla di oggi: "Malinconia" by Luca Carboni
L’ASCENSORE
RIVELATORE
PROLOGO: Quando l'eccitazione diventa terrore ... i nostri vanno ancora una volta in uno studio televisivo, ma avviene un orrendo crimine. Chi è l'assassino? Il mistero lo risolverà
CAPITOLO
I – Energic
«Sbrigatevi, non voglio arrivare
in ritardo».
Flavio aveva detto quella frase
almeno dieci volte, e non esagero, da quando cinque giorni prima era arrivata
nel suo ufficio una convocazione ufficiale per andare a vedere gli “Energic
Studios”, un edificio nel quale recitavano i migliori attori emergenti. In
realtà la lettera era firmata dalla nota attrice Clara Porelli. La Porelli era
molto nota soprattutto per due motivi. Il primo era la sua sfolgorante carriera
teatrale. Aveva solo ventidue anni e aveva già recitato in almeno una trentina
di opere, raccolto premi e impersonato personaggi difficili dal passato
tormentato.
Il secondo motivo per il quale la
Porelli era nota al grande pubblico era la sua relazione amorosa con il suo
segretario manager, Giovanni Serra. La loro storia continuava ad essere
raccontata come un romanzo d’amore su ogni giornale che si occupasse di
scandali e paparazzate.
Ogni testata che si occupasse di
gossip e che avrebbe voluto un minimo di considerazione da parte di ragazzini
urlanti e adolescenti in fibrillazione avrebbe dovuto parlare almeno una volta
a settimana di quella relazione. I programmi televisivi “rosa” non erano da
meno. Era l’argomento preferito dai giornalisti di cronaca leggera ed era incredibile
come ogni volta che se ne parlasse, qualcuno aggiungesse sempre qualche nuovo
ed inedito particolare.
Clara Porelli aveva scritto
quella lettera a Flavio perché era una sua grandissima fan e avrebbe voluto
incontrarlo cinque giorni dopo agli studios nei quali lavorava.
Nei corridoi dei lussuosissimi
“Energic Studios” la cravatta era d’obbligo e nessuna motivazione avessi avuto
sarebbe stata convincente per presentarmi magari in jeans e camicia. Ricordo
che fui decisamente colpito dall’ambiente di quel posto. Cumuli di persone si
avvicendavano affinché tutto si decidesse in pochi secondi. Super direttori
impegnatissimi si slacciavano freneticamente il nodo della cravatta e facevano
intravedere i poco graditi peli sul petto; Segretarie affannate e stressate
battevano energicamente ogni record di dattilografia su una tastiera da pc e
poveri addetti ai lavori, gli unici a potersi permettere una magliettina a
maniche corte, erano incredibilmente sudati nonostante l’aria condizionata
avesse raggiunto quasi temperature polari. E pensare che era quasi orario di
chiusura degli studios.
La Porelli si era raccomandata
più di una volta nella sua lettera. Infatti aveva scritto di preferire un
incontro con Flavio in condizioni decisamente più “appartate”, quindi vale a
dire di sera, quando gli addetti ai lavori staccano e quando gli unici che rimangono
sono i grandi direttori e quelli del consiglio di sorveglianza.
Flavio cercò di fermare qualche
aiuto regista proveniente da chissà quale sperduto set, ma tutto ciò che ne
ricavò fu un “energico” mal di testa ed un “energico” scorbutico in più nella
lista nera delle persone cattive.
«Ma è mai possibile che nessuno
debba fermarsi?!» urlò all’improvviso cercando di attirare l’attenzione su di
sé.
Non si mosse un’anima, ma
fortunatamente, continuando Flavio ad implorare il cielo e deplorare quella
lettera della Porelli, fummo notati da un’anima pia. L’uomo era sulla
cinquantina, con pochi capelli rossicci pettinati secondo uno stile del tutto
particolare. Se ne andava in giro per gli studios totalmente svagato e ogni
tanto guardava indietro per vedere se qualcuno lo stesse osservando. Mi accorsi
che aveva un taglio abbastanza inarcato sull’avambraccio sinistro.
«Signor Moggelli, è lei?».
«Ehm … sì … e lei chi è?».
«Mi chiamo Nicola Scroglio, sono
il produttore esecutivo della soap opera alla quale Clara Porelli sta
lavorando. Che piacere vederla! Clara sta salendo in ascensore, pazienti un
attimo».
«Oh, non c’è nessun problema. Non
… non ci stavamo nemmeno lamentando, si figuri».
Viva la sincerità.
Vidi per un attimo Bianca fare
un’espressione colma di ironia, poi il produttore esecutivo decise di
cominciare a raccontarci la storia della
sua vita. Non so, forse voleva prendere tempo o semplicemente essere cordiale e
al tempo stesso ospitale, ma non credo che le sue chiacchiere interessassero la
gente circostante.
«Capisce signor Moggelli? E’ dura
andare avanti ai tempi d’oggi. La crisi economica è ormai una realtà ben
consolidata e il tempo scorre inesorabile portando le sue lancette sempre più
avanti».
«Ehm … ha sicuramente ragione.
D’altronde è assodato che ormai il tenore di vita della società italiana è
calata di molto».
«Sicuramente. Ha visto la
benzina? Raddoppia sempre di più, giorno dopo giorno, e le ho fatto solo un
pallido esempio di ciò che sta accadendo».
Mentre camminavamo, ci dirigevamo
sempre verso altri figuri. I collaboratori o amici più fidati della Porelli, a
detta di Scroglio.
«Salve, mi chiamo Fabrizio
Angioletti. Lei deve essere il signor Moggelli, non è vero?» domandò un uomo
dall’andatura zoppa e dai capelli grigiastri. Aveva il mento pronunciato e la
voce roca di chi urla ogni giorno come un matto per farsi rispettare.
«Sì, sono io, piacere di
conoscerla».
«Per qualsiasi cosa chieda pure a
me. Sono il direttore generale degli studios, ma venga, le presento altre due
celebrità».
Angioletti stava praticamente
tirando per le maniche della giacca Flavio. Un comportamento a dir poco
sospetto, senza dubbio. Poi mi resi conto che avrei sospettato anche di una
scopa e allora ci risi su.
Sembrava quasi impaziente di farci conoscere
gli altri amici della Porelli.
«Ecco qui» annunciò indicando un
ragazzo con una benda sull’occhio «Lui è Davide Parati, il famoso attore del
noto film “Vampire”. Spero lei lo conosca».
«Molto piacere» disse Flavio con
imbarazzo. In realtà non lo conoscevo nemmeno io. E, vi dirò, l’impressione è
che lo conoscesse a malapena sua madre.
I suoi capelli color biondo ramato erano
sicuramente affascinanti ed aveva la faccia caratteristica da divo, ma era meno
noto di quell’annunciatore delle previsioni del tempo la sera, dopo il tg di
canale dieci.
«Il piacere è tutto mio. Sono un
grande fan dei casi risolti da lei e da quel ragazzino» disse indicandomi. Lo
guardai stupito. Sapeva anche leggere i giornali? Di solito i bellocci hanno un
quoziente intellettivo pari alla radice quadrata di nove, e sono stato
generoso.
«Cos’ha fatto all’occhio?»
domandai.
«Oh, solo un piccolo incidente
durante una scena in moto. Quando si è belli come me, niente intacca la
bellezza che ci avvolge».
Gli sorrisi, ma avrei voluto invalidargli
anche l’altro occhio. Chiamatela “antipatia a pelle”. Intanto la luce se ne
andò via e rimanemmo quasi totalmente al buio. La porta aperta che dava sul
parcheggio, siccome eravamo ancora pressoché al tramonto, riusciva a darci un
po’ di luce.
«Come diavolo è potuto
succedere?» domandò quasi retorico Angioletti. «Sto attento a queste cose».
«Be’, un corto circuito, può
succedere e …» disse Flavio.
«Nei miei studios non succede!».
«Chiaro» acconsentì un impaurito
Flavio.
«Be’, continuiamo con le
presentazioni. Io invece sono Giovanni Serra, piacere di conoscervi» fece un
ragazzo sulla trentina con cotonati capelli neri. Aveva proprio l’aspetto da
bravo ragazzo, con i suoi occhialetti da intellettuale e la sua voglia di
rendersi servizievole per tutti. Parlava con un accento tipico del centro,
tanto che dopo i convenevoli gli dissi:
«Lei è del centro – Italia, non è
vero?».
«Eh bè’ … sì. Si nota tanto?»
domandò sorridendo imbarazzato.
«No, visto che glielo fa notare
solo uno che proviene da quella parte d’Italia. Allora, lei di dov’è?».
«Sono di Aprilia e tu?».
«Fondi, provincia di Latina».
«Ah sì, ci sono stato qualche
giorno in passato. Avete un castello meraviglioso».
«Be’, la ringrazio, anche Aprilia
non è male, anche se ho avuto l’occasione di starci solo per pochissimo tempo e
poche volte».
«Ma il nostro Giovanni è noto per
un’altra cosa, non è vero casanova?» gli domandò ironicamente facendogli gomito
Davide Parati.
«Su, piantala di mettermi in
imbarazzo …».
«Ma quale imbarazzo? Dovete
sapere che il nostro Giovanni, una volta svestiti i panni del manager tutto
punto, è un inguaribile casanova! Ora è fidanzato con Clara, ma fino ad un anno
fa è stato legato con la signorina Solari, non è vero amico mio? Ti piaceva
Chiara, eh?».
«P-piantala, mi metti in
imbarazzo!» affermò già fosforescente di imbarazzo. «Piuttosto» continuò guardando
l’orologio, non vi pare che Clara stia tardando troppo? Non era insieme a
Corinna?».
«Sì, ma conta che gli studios
sono deserti. Ci siamo solo noi in tutto quest’enorme edificio e forse ha
difficoltà a truccarsi, pettinarsi. D’altronde
sta per incontrare il suo idolo, il detective Moggelli, non una persona
qualunque. E poi c’è stato anche il piccolo cortocircuito di prima» replicò
Scroglio.
Flavio arrossì pesantemente e io
gli feci gomito come un perfetto idiota. Lo so, sono seccante.
«D’accordo, smetterò di dire che
sei un casanova nato. Ma era un complimento, non fraintendere» riattaccò Davide
Parati.
Ad un tratto la luce rossa del
display situato sulla parte inferiore dell’ascensore si accese mostrando il
piano numero due , al quale eravamo noi. Le porte si spalancarono, anche se
probabilmente non avrebbero mai dovuto farlo.
CAPITOLO
II – Solo per l’orgoglio
La scena che ci trovammo davanti
fu davvero macabra. Nell’ascensore c’erano due donne. La prima era morta a
terra, straziata dal dolore. Probabilmente la sua morte era stata causata da
una pugnalata al cuore che le si era rivelata fatale. Il sangue dipingeva completamente
tutta la pavimentazione dell’ascensore. Di fianco alla vittima, una donna sui
quarant’anni piangeva disperata come una bambina.
Mise le mani nel sangue dell’ amica,
quasi per provare a percepire il suo stesso dolore. Non aveva parole e gli
occhi sbarrati dicevano tutto sulla sua situazione psicologica.
Riconoscemmo subito la vittima.
Era Clara Porelli, star indiscussa degli Energetic Studios. Che tristezza vederla
così. Corremmo subito come ossessi, ma dissi a tutti che entrare in massa
nell’area dell’omicidio sarebbe stato fatale e chissà quale santo mi fece la
grazia di essere ascoltato.
Flavio tastò subito i polsi della
donna, ma non c’era davvero più nulla da fare. Intanto Giovanni si era fiondato
sul corpo della sua ragazza e piangeva disperato. Aveva disubbidito alle mie
direttive e le lacrime, descrivendo il tutto con un’iperbole, avevano assunto
dimensioni quasi cucurbitacee.
L’altra donna presente nell’ascensore
,la famosa presentatrice Corinna Martella, era letteralmente in preda a delle
convulsioni di panico. Non reggeva più la pressione, davvero.
«Ma chi l’ha uccisa? Chi ha
potuto fare questo gesto così crudele?!» urlava in continuazione.
«Signora Martella» iniziò Flavio
«Ora lei diventa il punto fondamentale dell’indagine. E’ lampante che solo lei
può essere il fulcro della verità. Solo lei infatti era in ascensore con la sua amica e solo lei quindi, può conoscere
la verità su quanto è accaduto».
La donna non parlava, più che
altro gemeva. Il rimmel sciolto e il rossetto deformato sulla bocca, erano
l’ovvio ritratto di una donna devastata dal punto di vista mentale.
Comprensibile, aveva visto morire un essere umano davanti a lei.
«Non parla perché è stata lei ad
ucciderla!» affermò rabbiosamente Angioletti.
«Cosa?!» ebbe la forza di reagire
Corinna Martella. «Io?! Non avrei mai potuto e lo sai bene, idiota!».
«Suvvia, lo so benissimo che eri
arrabbiata con lei perché le avevo affidato la conduzione del programma
mattutino. Ti ha battuto sul filo del rasoio e non l’hai digerito. Confessa,
assassina!».
«No che non confesso! Non sono
stata io! Tu piuttosto, e anche Nicola … potevate avere un validissimo movente
per uccidere la mia migliore amica!» il suo parlare era interrotto da pianti e
singhiozzi. Ma lei si sforzava e provava ad ultimare i concetti.
«Cosa?!» affermarono all’unisono
i due tirati in causa.
«Non è un segreto che tu le
dovevi una grossa somma di denaro che ti aveva prestato» continuò maliziosamente
Corinna. Ora aveva assunto tutta l’astuzia di questo mondo e se non fossi stato
un detective portato alla razionalità, l’avrei indicata colpevole sotto tutti
gli aspetti. «E tu Nicola, non è forse vero che non avevi digerito il suo
rifiuto?».
«Il suo rifiuto?» domandò Bianca
dubbiosa. Aveva la manina di Andrea stretta nella sua e i due parevano
proteggersi a vicenda.
«Già. Non lo sai? Il nostro
direttore era diventato pedofilo! Voleva mettersi con una ragazzina, lui che al
confronto è un vecchio!».
«Non ti permetto …» alzò la voce Scroglio.
«Signori, mantenete la calma, per
favore. Non è in questo modo che riusciremo a scoprire il colpevole».
«Se per questo anche i due
giovanotti erano interessati alla sua morte» affermò pacato Scroglio. Aveva riacquistato
il suo autocontrollo.
«Il nostro casanova avrebbe
potuto incassare i soldi sull’assicurazione della vita che avevano stipulato,
mentre Davide era suo rivale, esattamente come Corinna!».
«Da come ho capito, avevate tutti
un alibi per ucciderla» affermai sprezzante. «E voi vi definireste suoi
amici?».
«Ma cosa ne sai tu degli amici?
Io …» iniziò Davide Parati.
«Io so solo che una donna ha
perso la vita e che il colpevole è uno dei suoi “amici”» feci ironizzando con
faccia scura.
«Bene signora» cominciò Flavio
con tono dirompente «Ora tocca a lei. Deve dirci nei minimi particolari cosa è
successo. Da quando siete scesi dal settimo piano, fino a quando siete atterrai
qui».
«Ok …» sussurrò a fatica. «Io e
Clara ci eravamo appena pettinate e rivestite e per scendere al secondo piano
abbiamo deciso di prendere l’ascensore. Così ci siamo incamminate e abbiamo
schiacciato il pulsante corrispondente al piano. Ma siccome l’ascensore è
vecchio ed è difettoso, le porte ci mettono sempre un po’ a chiudersi e ad
aprirsi. Mentre stavamo parlando, mi sono voltata un attimo per truccarmi nello
specchio dell’ascensore, ma dopo pochi secondi ho visto avvicinarsi un uomo con
un lunga giacca. Aveva il bavero alzato e un paio di occhiali da sole e …» si
interruppe trattenendo un pianto.
«E … ?» domandai.
«E poi questo individuo ha
accoltellato freddamente la mia amica! ».
«Quindi, mentre voi eravate in
attesa che le porte dell’ascensore si chiudessero, l’individuo ha accoltellato
la sua amica in modo efferato. Ha notato qualche particolare nell’aggressore?
Era alto, basso, magro, grasso … lo descriva».
«Non ci ho fatto molto caso, ma
aveva un’altezza normale, non era né alto, né basso. Sulla forma fisica non
saprei dirvi un granché,visto che il cappotto che indossava lo avvolgeva
praticamente».
Mentre Flavio continuava il suo
interrogatorio, decisi di andarmene un po’ in giro a cercare indizi, ma fui
seguito da mio fratello Andrea.
«Fratellone, che fai?» mi disse
espansivo come al solito . Stavo pensando ed ero molto assorto nel caso, tanto
che quando sentii la sua voce sobbalzai per un attimo, poi mi girai e carezzandogli
la testa gli dissi:
«Vai con Bianca. Devo cercare indizi».
«No, sono stufo di restare a
guardare. Voglio fare il detective anch’io!» disse puntando i piedi.
«Ma …».
«Dai, tu sei bravissimo!
Insegnami i trucchetti che usi con i criminali!».
«E … va bene. Seguimi». Che
pazienza.
«Tutte le porte erano chiuse,
tranne una. Su di un cartello giallino c’era scritto “Riservato al Personale
dipendente”.
All’interno non c’era nessuno, ma quanta roba
ci avevano messo lì dentro! Tavolini da caffè, tazze, distributori automatici,
poltroncine, sedie di ogni forma, colore e dimensione e vari telecomandi
adiacenti agli elettrodomestici. C’erano condizionatori, forni a microonde,
fornetti, piastre e anche lo stereo dal quale usciva una delicata musica di
Beethoven.
«Vedi se noti qualcosa di strano»
dissi a mio fratello cercando di tenerlo buono. «Vai a curiosare un po’ in giro
come fai di solito» aggiunsi.
«Ok fratellone».
Intanto cominciai a pensare. Come
poteva aver agito l’assassino? Di certo non poteva essere un estraneo. No, al
consiglio di sorveglianza l’avrebbero notato. Inoltre c’erano davvero
tantissime telecamere che vigilavano sull’ordine di ogni singolo metro quadrato
dell’edificio. Doveva essere per forza uno di loro, ma chi? Chi avrebbe mai
potuto? Certo, tutti avevano un alibi, ma erano tutti innocenti.
«Fratellone, hanno inventato un
nuovo gioco!».
«U-un nuovo gioco?» domandai
incredulo. «Cosa vuoi dire?».
«Guarda sui telecomandi. Ci sono
sempre gli stessi numeri.
Presi i telecomandi dei
condizionatori, quello del microonde, quelli dello stereo e della tv. Avevano
sul display tutta la stessa ora: 19:30. Rimasi a guardare i display per qualche
secondo, poi un brivido freddo mi percorse la schiena.
Furbo il tipo. Ora avevo capito
come aveva fatto a portare a termine il suo piano. Forse non era abbastanza
sicuro che il suo colpo fosse stato mortale ed è per questo che ha utilizzato
quel suo trucco.
«Grazie piccolo! Ora andiamo!»
dissi trascinandolo.
«Ehi! Ma io non ho scoperto
niente!».
«Non importa, sei bravissimo.
Vieni con me!».
«Misi i telecomandi in una busta
aiutandomi con un fazzolettino di carta per non lasciare impronte ulteriori a
quelle che avevo già lasciato.
Poi raggiunsi di nuovo Flavio.
Arrivai appena in tempo.
«Un’ultima cosa signora. Con che
mano ha agito l’aggressore?».
«Mi … mi pare la destra. Sì,
doveva essere per forza la destra, non c’è altra spiegazione».
«Oh, sì che c’è!» affermai sicuro
di me.
«Cosa?» domandò incredulo Flavio
voltandosi.
«Hai capito bene. Corinna, lei ha
affermato di essersi truccata nello specchio dell’ascensore giusto? E di aver
visto l’aggressore attraverso lo specchio, giusto?».
«Be’, si … ma dove vuole
arrivare?».
«Semplicemente al fatto che lei
ha confuso le mani dell’aggressore. Infatti, lei, accecata dall’orrore e tratta
in inganno dallo specchio, ha sicuramente sbagliato ad individuare la mano.
Sono più che convinto che il colpevole sia mancino».
«Mancino?!».
«Sì, mancino. Scrive e agisce con
la sinistra. E basandomi su quanto visto prima, due persone sono mancine in
questa stanza. Davide Parati e Nicola Scroglio. L’assassino è tra di loro!».
«E’ ridicolo!» mi urlarono contro
entrambi.
«Non è ridicolo, è la verità. E
volete sapere un’altra cosa? Sono sicurissimo che in breve tempo sapremo chi è
l’assassino della signorina Porelli».
La stanza si ammutolì un secondo
o due. Le espressioni dipinte sui volti della gente coinvolta erano
indescrivibili. Bianca mi guardava perplessa con occhi davvero incuriositi e si
mordeva il labbro inferiore in un non so che di nostalgico. I suoi capelli
risplendevano come oro ai riflessi della luna e questo le conferiva un aria da
principessa moderna.
«E davvero? Come farai?».
«Molto semplice. Io lo so già chi
è l’assassino, ma questo pensa di imbrogliarmi, non è vero signor Parati?».
«Che cosa?! Non sono io l’assassino!
Lo giuro! Non …».
«Lei afferma di non essere
l’assassino, giusto?».
«Giusto!».
«Quindi lei è sicuro di ciò che
dice, voglio dire, non si discolpa solo per non assumersi le proprie
responsabilità dell’accaduto, non è vero?».
«A che gioco stai giocando ragazzino?»
mi chiese ad un tratto quasi esausto.
«Ma a nessuno, naturalmente!
Volevo sapere se lei era l’assassino … oppure se lo era il signor Scroglio!
Nicola, cosa ne dice?».
«Dico che sei malato ragazzo. Hai
visto troppi film gialli, davvero».
«Quindi nemmeno lei ha ucciso la
signorina Porelli?»
«Per niente! Ho ben altro da fare
che indossare quella ridicola giacca avana e …».
Lo interruppi. «Alt! Avete
sentito tutti no? Può ripetere?».
«Ho detto che ho altre cose da
fare piuttosto che uccidere le persone con quella giacca …» forse si era reso
conto che era diventato idiota da solo.
«Avana, l’aiuto io. Ma non la
capitale di Cuba, no» ironizzai « Lei alludeva al colore! E mi dica, come fa a
sapere il colore della giacca che indossava l’assassino?».
«Ho – ho detto il colore?».
«Già» disse Flavio già
agguerrito.
«Devo essermi confuso …».
«Nessuna confusione. Sono sicuro
che è lei l’assassino e …».
«Ragazzo mio, l’hai detto tu che
i mancini sono due qui! E Davide?».
«Il colpevole indossava occhiali
da sole abbastanza vistosi. Una persona già ferita all’occhio non rischierebbe
mai ancor di peggiorare ancor di più la sua visuale solo ed esclusivamente per
nascondersi. No, l’unico che avrebbe potuto indossare gli occhiali da sole per
non farsi riconoscere è proprio lei, Nicola. Il colpevole è lei!».
Impallidì. «Che prove hai contro
di me?» domandò esasperato.
«Oh, ho scoperto anche come ha
provocato il cortocircuito dell’ascensore. L’ha fatto perché non era sicuro che
il suo colpo fosse stato mortale e voleva rallentare ogni probabile soccorso.
Ha regolato tutti gli elettrodomestici della saletta là in fondo alla stessa
ora, alle 19:30. C’è ancora l’ora sul timer. E scommetto che se faremo
analizzare i telecomandi, troveremo le sue impronte dato che non ha avuto tempo
di pulirle. E’ chiaro adesso?».
«E’ sufficiente … è vero»
confessò «l’ho uccisa io».
«Cosa? Ma perché l’ha fatto?»
domandò Bianca delusa.
«Ragazzina … cosa vuoi saperne
tu? Volevo sposarla, coprirla d’oro e invece …».
«Invece l’hai uccisa, bastardo!».
Giovanni Serra sferrò un violentissimo pugno sul volto di Scroglio. Aveva le
lacrime agli occhi e gli tremavano le mani. Se non ci fossimo stati noi,
probabilmente avremmo assistito ad un ulteriore omicidio.
«Se la amavi veramente … non
avresti mai potuto commettere questo gesto così inconsulto!» riuscì a dire
ancora Serra mentre veniva trattenuto a stento da Angioletti.
La polizia arrivò dopo mezz’ora e
ammanettò Nicola Scroglio. Ma nessuna condanna avrebbe mai potuto risarcire la
famiglia e le persone che volevano bene alla vittima.
ANTICIPAZIONE EPISODIO 37: A volte non serve cercare le persone, sono loro che vengono direttamente da te. Alex e Flavio in un'avventura dai toni psichedelici che li porterà a tanto così dall'essere ingannati! ALEX FEDELE EPISODIO 37 - GUERRA AL CLAN(1°Parte). Solo qui a partire dal 12 Maggio 2012!
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