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domenica 6 maggio 2012

Alex Fedele: L'ascensore rivelatore #36(seconda stagione)


AVVISO: A causa di vari impegni personali, la puntata di AF va in onda con 24 ore di ritardo rispetto al solito. Mi scuso personalmente per il ritardo.




L’ASCENSORE RIVELATORE

PROLOGO: Quando l'eccitazione diventa terrore ... i nostri vanno ancora una volta in uno studio televisivo, ma avviene un orrendo crimine. Chi è l'assassino? Il mistero lo risolverà 

CAPITOLO I – Energic

«Sbrigatevi, non voglio arrivare in ritardo».
Flavio aveva detto quella frase almeno dieci volte, e non esagero, da quando cinque giorni prima era arrivata nel suo ufficio una convocazione ufficiale per andare a vedere gli “Energic Studios”, un edificio nel quale recitavano i migliori attori emergenti. In realtà la lettera era firmata dalla nota attrice Clara Porelli. La Porelli era molto nota soprattutto per due motivi. Il primo era la sua sfolgorante carriera teatrale. Aveva solo ventidue anni e aveva già recitato in almeno una trentina di opere, raccolto premi e impersonato personaggi difficili dal passato tormentato.
Il secondo motivo per il quale la Porelli era nota al grande pubblico era la sua relazione amorosa con il suo segretario manager, Giovanni Serra. La loro storia continuava ad essere raccontata come un romanzo d’amore su ogni giornale che si occupasse di scandali e paparazzate.
Ogni testata che si occupasse di gossip e che avrebbe voluto un minimo di considerazione da parte di ragazzini urlanti e adolescenti in fibrillazione avrebbe dovuto parlare almeno una volta a settimana di quella relazione. I programmi televisivi “rosa” non erano da meno. Era l’argomento preferito dai giornalisti di cronaca leggera ed era incredibile come ogni volta che se ne parlasse, qualcuno aggiungesse sempre qualche nuovo ed inedito particolare.
Clara Porelli aveva scritto quella lettera a Flavio perché era una sua grandissima fan e avrebbe voluto incontrarlo cinque giorni dopo agli studios nei quali lavorava.
Nei corridoi dei lussuosissimi “Energic Studios” la cravatta era d’obbligo e nessuna motivazione avessi avuto sarebbe stata convincente per presentarmi magari in jeans e camicia. Ricordo che fui decisamente colpito dall’ambiente di quel posto. Cumuli di persone si avvicendavano affinché tutto si decidesse in pochi secondi. Super direttori impegnatissimi si slacciavano freneticamente il nodo della cravatta e facevano intravedere i poco graditi peli sul petto; Segretarie affannate e stressate battevano energicamente ogni record di dattilografia su una tastiera da pc e poveri addetti ai lavori, gli unici a potersi permettere una magliettina a maniche corte, erano incredibilmente sudati nonostante l’aria condizionata avesse raggiunto quasi temperature polari. E pensare che era quasi orario di chiusura degli studios.
La Porelli si era raccomandata più di una volta nella sua lettera. Infatti aveva scritto di preferire un incontro con Flavio in condizioni decisamente più “appartate”, quindi vale a dire di sera, quando gli addetti ai lavori staccano e quando gli unici che rimangono sono i grandi direttori e quelli del consiglio di sorveglianza.
Flavio cercò di fermare qualche aiuto regista proveniente da chissà quale sperduto set, ma tutto ciò che ne ricavò fu un “energico” mal di testa ed un “energico” scorbutico in più nella lista nera delle persone cattive.
«Ma è mai possibile che nessuno debba fermarsi?!» urlò all’improvviso cercando di attirare l’attenzione su di sé.
Non si mosse un’anima, ma fortunatamente, continuando Flavio ad implorare il cielo e deplorare quella lettera della Porelli, fummo notati da un’anima pia. L’uomo era sulla cinquantina, con pochi capelli rossicci pettinati secondo uno stile del tutto particolare. Se ne andava in giro per gli studios totalmente svagato e ogni tanto guardava indietro per vedere se qualcuno lo stesse osservando. Mi accorsi che aveva un taglio abbastanza inarcato sull’avambraccio sinistro.
«Signor Moggelli, è lei?».
«Ehm … sì … e lei chi è?».
«Mi chiamo Nicola Scroglio, sono il produttore esecutivo della soap opera alla quale Clara Porelli sta lavorando. Che piacere vederla! Clara sta salendo in ascensore, pazienti un attimo».
«Oh, non c’è nessun problema. Non … non ci stavamo nemmeno lamentando, si figuri».
Viva la sincerità.
Vidi per un attimo Bianca fare un’espressione colma di ironia, poi il produttore esecutivo decise di cominciare a raccontarci  la storia della sua vita. Non so, forse voleva prendere tempo o semplicemente essere cordiale e al tempo stesso ospitale, ma non credo che le sue chiacchiere interessassero la gente circostante.
«Capisce signor Moggelli? E’ dura andare avanti ai tempi d’oggi. La crisi economica è ormai una realtà ben consolidata e il tempo scorre inesorabile portando le sue lancette sempre più avanti».
«Ehm … ha sicuramente ragione. D’altronde è assodato che ormai il tenore di vita della società italiana è calata di molto».
«Sicuramente. Ha visto la benzina? Raddoppia sempre di più, giorno dopo giorno, e le ho fatto solo un pallido esempio di ciò che sta accadendo».
Mentre camminavamo, ci dirigevamo sempre verso altri figuri. I collaboratori o amici più fidati della Porelli, a detta di Scroglio.
«Salve, mi chiamo Fabrizio Angioletti. Lei deve essere il signor Moggelli, non è vero?» domandò un uomo dall’andatura zoppa e dai capelli grigiastri. Aveva il mento pronunciato e la voce roca di chi urla ogni giorno come un matto per farsi rispettare.
«Sì, sono io, piacere di conoscerla».
«Per qualsiasi cosa chieda pure a me. Sono il direttore generale degli studios, ma venga, le presento altre due celebrità».
Angioletti stava praticamente tirando per le maniche della giacca Flavio. Un comportamento a dir poco sospetto, senza dubbio. Poi mi resi conto che avrei sospettato anche di una scopa e allora ci risi su.
 Sembrava quasi impaziente di farci conoscere gli altri amici della Porelli.
«Ecco qui» annunciò indicando un ragazzo con una benda sull’occhio «Lui è Davide Parati, il famoso attore del noto film “Vampire”. Spero lei lo conosca».
«Molto piacere» disse Flavio con imbarazzo. In realtà non lo conoscevo nemmeno io. E, vi dirò, l’impressione è che lo conoscesse a malapena sua madre.
 I suoi capelli color biondo ramato erano sicuramente affascinanti ed aveva la faccia caratteristica da divo, ma era meno noto di quell’annunciatore delle previsioni del tempo la sera, dopo il tg di canale dieci.
«Il piacere è tutto mio. Sono un grande fan dei casi risolti da lei e da quel ragazzino» disse indicandomi. Lo guardai stupito. Sapeva anche leggere i giornali? Di solito i bellocci hanno un quoziente intellettivo pari alla radice quadrata di nove, e sono stato generoso.
«Cos’ha fatto all’occhio?» domandai.
«Oh, solo un piccolo incidente durante una scena in moto. Quando si è belli come me, niente intacca la bellezza che ci avvolge».
Gli sorrisi, ma avrei voluto invalidargli anche l’altro occhio. Chiamatela “antipatia a pelle”. Intanto la luce se ne andò via e rimanemmo quasi totalmente al buio. La porta aperta che dava sul parcheggio, siccome eravamo ancora pressoché al tramonto, riusciva a darci un po’ di luce.
«Come diavolo è potuto succedere?» domandò quasi retorico Angioletti. «Sto attento a queste cose».
«Be’, un corto circuito, può succedere e …» disse Flavio.
«Nei miei studios non succede!».
«Chiaro» acconsentì un impaurito Flavio.
«Be’, continuiamo con le presentazioni. Io invece sono Giovanni Serra, piacere di conoscervi» fece un ragazzo sulla trentina con cotonati capelli neri. Aveva proprio l’aspetto da bravo ragazzo, con i suoi occhialetti da intellettuale e la sua voglia di rendersi servizievole per tutti. Parlava con un accento tipico del centro, tanto che dopo i convenevoli gli dissi:
«Lei è del centro – Italia, non è vero?».
«Eh bè’ … sì. Si nota tanto?» domandò sorridendo imbarazzato.
«No, visto che glielo fa notare solo uno che proviene da quella parte d’Italia. Allora, lei di dov’è?».
«Sono di Aprilia e tu?».
«Fondi, provincia di Latina».
«Ah sì, ci sono stato qualche giorno in passato. Avete un castello meraviglioso».
«Be’, la ringrazio, anche Aprilia non è male, anche se ho avuto l’occasione di starci solo per pochissimo tempo e poche volte».
«Ma il nostro Giovanni è noto per un’altra cosa, non è vero casanova?» gli domandò ironicamente facendogli gomito Davide Parati.
«Su, piantala di mettermi in imbarazzo …».
«Ma quale imbarazzo? Dovete sapere che il nostro Giovanni, una volta svestiti i panni del manager tutto punto, è un inguaribile casanova! Ora è fidanzato con Clara, ma fino ad un anno fa è stato legato con la signorina Solari, non è vero amico mio? Ti piaceva Chiara, eh?».
«P-piantala, mi metti in imbarazzo!» affermò già fosforescente di imbarazzo. «Piuttosto» continuò guardando l’orologio, non vi pare che Clara stia tardando troppo? Non era insieme a Corinna?».
«Sì, ma conta che gli studios sono deserti. Ci siamo solo noi in tutto quest’enorme edificio e forse ha difficoltà a truccarsi, pettinarsi. D’altronde  sta per incontrare il suo idolo, il detective Moggelli, non una persona qualunque. E poi c’è stato anche il piccolo cortocircuito di prima» replicò Scroglio.
Flavio arrossì pesantemente e io gli feci gomito come un perfetto idiota. Lo so, sono seccante.
«D’accordo, smetterò di dire che sei un casanova nato. Ma era un complimento, non fraintendere» riattaccò Davide Parati.
Ad un tratto la luce rossa del display situato sulla parte inferiore dell’ascensore si accese mostrando il piano numero due , al quale eravamo noi. Le porte si spalancarono, anche se probabilmente non avrebbero mai dovuto farlo.

CAPITOLO II – Solo per l’orgoglio

La scena che ci trovammo davanti fu davvero macabra. Nell’ascensore c’erano due donne. La prima era morta a terra, straziata dal dolore. Probabilmente la sua morte era stata causata da una pugnalata al cuore che le si era rivelata fatale. Il sangue dipingeva completamente tutta la pavimentazione dell’ascensore. Di fianco alla vittima, una donna sui quarant’anni piangeva disperata come una bambina.
Mise le mani nel sangue dell’ amica, quasi per provare a percepire il suo stesso dolore. Non aveva parole e gli occhi sbarrati dicevano tutto sulla sua situazione psicologica.
Riconoscemmo subito la vittima. Era Clara Porelli, star indiscussa degli Energetic Studios. Che tristezza vederla così. Corremmo subito come ossessi, ma dissi a tutti che entrare in massa nell’area dell’omicidio sarebbe stato fatale e chissà quale santo mi fece la grazia di essere ascoltato.
Flavio tastò subito i polsi della donna, ma non c’era davvero più nulla da fare. Intanto Giovanni si era fiondato sul corpo della sua ragazza e piangeva disperato. Aveva disubbidito alle mie direttive e le lacrime, descrivendo il tutto con un’iperbole, avevano assunto dimensioni quasi cucurbitacee.
L’altra donna presente nell’ascensore ,la famosa presentatrice Corinna Martella, era letteralmente in preda a delle convulsioni di panico. Non reggeva più la pressione, davvero.
«Ma chi l’ha uccisa? Chi ha potuto fare questo gesto così crudele?!» urlava in continuazione.
«Signora Martella» iniziò Flavio «Ora lei diventa il punto fondamentale dell’indagine. E’ lampante che solo lei può essere il fulcro della verità. Solo lei infatti era in ascensore con  la sua amica e solo lei quindi, può conoscere la verità su quanto è accaduto».
La donna non parlava, più che altro gemeva. Il rimmel sciolto e il rossetto deformato sulla bocca, erano l’ovvio ritratto di una donna devastata dal punto di vista mentale. Comprensibile, aveva visto morire un essere umano davanti a lei.
«Non parla perché è stata lei ad ucciderla!» affermò rabbiosamente Angioletti.
«Cosa?!» ebbe la forza di reagire Corinna Martella. «Io?! Non avrei mai potuto e lo sai bene, idiota!».
«Suvvia, lo so benissimo che eri arrabbiata con lei perché le avevo affidato la conduzione del programma mattutino. Ti ha battuto sul filo del rasoio e non l’hai digerito. Confessa, assassina!».
«No che non confesso! Non sono stata io! Tu piuttosto, e anche Nicola … potevate avere un validissimo movente per uccidere la mia migliore amica!» il suo parlare era interrotto da pianti e singhiozzi. Ma lei si sforzava e provava ad ultimare i concetti.
«Cosa?!» affermarono all’unisono i due tirati in causa.
«Non è un segreto che tu le dovevi una grossa somma di denaro che ti aveva prestato» continuò maliziosamente Corinna. Ora aveva assunto tutta l’astuzia di questo mondo e se non fossi stato un detective portato alla razionalità, l’avrei indicata colpevole sotto tutti gli aspetti. «E tu Nicola, non è forse vero che non avevi digerito il suo rifiuto?».
«Il suo rifiuto?» domandò Bianca dubbiosa. Aveva la manina di Andrea stretta nella sua e i due parevano proteggersi a vicenda.
«Già. Non lo sai? Il nostro direttore era diventato pedofilo! Voleva mettersi con una ragazzina, lui che al confronto è un vecchio!».
«Non ti permetto …» alzò la voce Scroglio.
«Signori, mantenete la calma, per favore. Non è in questo modo che riusciremo a scoprire il colpevole».
«Se per questo anche i due giovanotti erano interessati alla sua morte» affermò pacato Scroglio. Aveva riacquistato il suo autocontrollo.
«Il nostro casanova avrebbe potuto incassare i soldi sull’assicurazione della vita che avevano stipulato, mentre Davide era suo rivale, esattamente come Corinna!».
«Da come ho capito, avevate tutti un alibi per ucciderla» affermai sprezzante. «E voi vi definireste suoi amici?».
«Ma cosa ne sai tu degli amici? Io …» iniziò Davide Parati.
«Io so solo che una donna ha perso la vita e che il colpevole è uno dei suoi “amici”» feci ironizzando con faccia scura.
«Bene signora» cominciò Flavio con tono dirompente «Ora tocca a lei. Deve dirci nei minimi particolari cosa è successo. Da quando siete scesi dal settimo piano, fino a quando siete atterrai qui».
«Ok …» sussurrò a fatica. «Io e Clara ci eravamo appena pettinate e rivestite e per scendere al secondo piano abbiamo deciso di prendere l’ascensore. Così ci siamo incamminate e abbiamo schiacciato il pulsante corrispondente al piano. Ma siccome l’ascensore è vecchio ed è difettoso, le porte ci mettono sempre un po’ a chiudersi e ad aprirsi. Mentre stavamo parlando, mi sono voltata un attimo per truccarmi nello specchio dell’ascensore, ma dopo pochi secondi ho visto avvicinarsi un uomo con un lunga giacca. Aveva il bavero alzato e un paio di occhiali da sole e …» si interruppe trattenendo un pianto.
«E … ?» domandai.
«E poi questo individuo ha accoltellato freddamente la mia amica! ».
«Quindi, mentre voi eravate in attesa che le porte dell’ascensore si chiudessero, l’individuo ha accoltellato la sua amica in modo efferato. Ha notato qualche particolare nell’aggressore? Era alto, basso, magro, grasso … lo descriva».
«Non ci ho fatto molto caso, ma aveva un’altezza normale, non era né alto, né basso. Sulla forma fisica non saprei dirvi un granché,visto che il cappotto che indossava lo avvolgeva praticamente».
Mentre Flavio continuava il suo interrogatorio, decisi di andarmene un po’ in giro a cercare indizi, ma fui seguito da mio fratello Andrea.
«Fratellone, che fai?» mi disse espansivo come al solito . Stavo pensando ed ero molto assorto nel caso, tanto che quando sentii la sua voce sobbalzai per un attimo, poi mi girai e carezzandogli la testa gli dissi:
«Vai con Bianca.  Devo cercare indizi».
«No, sono stufo di restare a guardare. Voglio fare il detective anch’io!» disse puntando i piedi.
«Ma …».
«Dai, tu sei bravissimo! Insegnami i trucchetti che usi con i criminali!».
«E … va bene. Seguimi». Che pazienza.
«Tutte le porte erano chiuse, tranne una. Su di un cartello giallino c’era scritto “Riservato al Personale dipendente”.
 All’interno non c’era nessuno, ma quanta roba ci avevano messo lì dentro! Tavolini da caffè, tazze, distributori automatici, poltroncine, sedie di ogni forma, colore e dimensione e vari telecomandi adiacenti agli elettrodomestici. C’erano condizionatori, forni a microonde, fornetti, piastre e anche lo stereo dal quale usciva una delicata musica di Beethoven.
«Vedi se noti qualcosa di strano» dissi a mio fratello cercando di tenerlo buono. «Vai a curiosare un po’ in giro come fai di solito» aggiunsi.
«Ok fratellone».
Intanto cominciai a pensare. Come poteva aver agito l’assassino? Di certo non poteva essere un estraneo. No, al consiglio di sorveglianza l’avrebbero notato. Inoltre c’erano davvero tantissime telecamere che vigilavano sull’ordine di ogni singolo metro quadrato dell’edificio. Doveva essere per forza uno di loro, ma chi? Chi avrebbe mai potuto? Certo, tutti avevano un alibi, ma erano tutti innocenti.
«Fratellone, hanno inventato un nuovo gioco!».
«U-un nuovo gioco?» domandai incredulo. «Cosa vuoi dire?».
«Guarda sui telecomandi. Ci sono sempre gli stessi numeri.
Presi i telecomandi dei condizionatori, quello del microonde, quelli dello stereo e della tv. Avevano sul display tutta la stessa ora: 19:30. Rimasi a guardare i display per qualche secondo, poi un brivido freddo mi percorse la schiena.
Furbo il tipo. Ora avevo capito come aveva fatto a portare a termine il suo piano. Forse non era abbastanza sicuro che il suo colpo fosse stato mortale ed è per questo che ha utilizzato quel suo trucco.
«Grazie piccolo! Ora andiamo!» dissi trascinandolo.
«Ehi! Ma io non ho scoperto niente!».
«Non importa, sei bravissimo. Vieni con me!».
«Misi i telecomandi in una busta aiutandomi con un fazzolettino di carta per non lasciare impronte ulteriori a quelle che avevo già lasciato.
Poi raggiunsi di nuovo Flavio. Arrivai appena in tempo.
«Un’ultima cosa signora. Con che mano ha agito l’aggressore?».
«Mi … mi pare la destra. Sì, doveva essere per forza la destra, non c’è altra spiegazione».
«Oh, sì che c’è!» affermai sicuro di me.
«Cosa?» domandò incredulo Flavio voltandosi.
«Hai capito bene. Corinna, lei ha affermato di essersi truccata nello specchio dell’ascensore giusto? E di aver visto l’aggressore attraverso lo specchio, giusto?».
«Be’, si … ma dove vuole arrivare?».
«Semplicemente al fatto che lei ha confuso le mani dell’aggressore. Infatti, lei, accecata dall’orrore e tratta in inganno dallo specchio, ha sicuramente sbagliato ad individuare la mano. Sono più che convinto che il colpevole sia mancino».
«Mancino?!».
«Sì, mancino. Scrive e agisce con la sinistra. E basandomi su quanto visto prima, due persone sono mancine in questa stanza. Davide Parati e Nicola Scroglio. L’assassino è tra di loro!».
«E’ ridicolo!» mi urlarono contro entrambi.
«Non è ridicolo, è la verità. E volete sapere un’altra cosa? Sono sicurissimo che in breve tempo sapremo chi è l’assassino della signorina Porelli».
La stanza si ammutolì un secondo o due. Le espressioni dipinte sui volti della gente coinvolta erano indescrivibili. Bianca mi guardava perplessa con occhi davvero incuriositi e si mordeva il labbro inferiore in un non so che di nostalgico. I suoi capelli risplendevano come oro ai riflessi della luna e questo le conferiva un aria da principessa moderna.
«E davvero? Come farai?».
«Molto semplice. Io lo so già chi è l’assassino, ma questo pensa di imbrogliarmi, non è vero signor Parati?».
«Che cosa?! Non sono io l’assassino! Lo giuro! Non …».
«Lei afferma di non essere l’assassino, giusto?».
«Giusto!».
«Quindi lei è sicuro di ciò che dice, voglio dire, non si discolpa solo per non assumersi le proprie responsabilità dell’accaduto, non è vero?».
«A che gioco stai giocando ragazzino?» mi chiese ad un tratto quasi esausto.
«Ma a nessuno, naturalmente! Volevo sapere se lei era l’assassino … oppure se lo era il signor Scroglio! Nicola, cosa ne dice?».
«Dico che sei malato ragazzo. Hai visto troppi film gialli, davvero».
«Quindi nemmeno lei ha ucciso la signorina Porelli?»
«Per niente! Ho ben altro da fare che indossare quella ridicola giacca avana e …».
Lo interruppi. «Alt! Avete sentito tutti no? Può ripetere?».
«Ho detto che ho altre cose da fare piuttosto che uccidere le persone con quella giacca …» forse si era reso conto che era diventato idiota da solo.
«Avana, l’aiuto io. Ma non la capitale di Cuba, no» ironizzai « Lei alludeva al colore! E mi dica, come fa a sapere il colore della giacca che indossava l’assassino?».
«Ho – ho detto il colore?».
«Già» disse Flavio già agguerrito.
«Devo essermi confuso …».
«Nessuna confusione. Sono sicuro che è lei l’assassino e …».
«Ragazzo mio, l’hai detto tu che i mancini sono due qui! E Davide?».
«Il colpevole indossava occhiali da sole abbastanza vistosi. Una persona già ferita all’occhio non rischierebbe mai ancor di peggiorare ancor di più la sua visuale solo ed esclusivamente per nascondersi. No, l’unico che avrebbe potuto indossare gli occhiali da sole per non farsi riconoscere è proprio lei, Nicola. Il colpevole è lei!».
Impallidì. «Che prove hai contro di me?» domandò esasperato.
«Oh, ho scoperto anche come ha provocato il cortocircuito dell’ascensore. L’ha fatto perché non era sicuro che il suo colpo fosse stato mortale e voleva rallentare ogni probabile soccorso. Ha regolato tutti gli elettrodomestici della saletta là in fondo alla stessa ora, alle 19:30. C’è ancora l’ora sul timer. E scommetto che se faremo analizzare i telecomandi, troveremo le sue impronte dato che non ha avuto tempo di pulirle. E’ chiaro adesso?».
«E’ sufficiente … è vero» confessò «l’ho uccisa io».
«Cosa? Ma perché l’ha fatto?» domandò Bianca delusa.
«Ragazzina … cosa vuoi saperne tu? Volevo sposarla, coprirla d’oro e invece …».
«Invece l’hai uccisa, bastardo!». Giovanni Serra sferrò un violentissimo pugno sul volto di Scroglio. Aveva le lacrime agli occhi e gli tremavano le mani. Se non ci fossimo stati noi, probabilmente avremmo assistito ad un ulteriore omicidio.
«Se la amavi veramente … non avresti mai potuto commettere questo gesto così inconsulto!» riuscì a dire ancora Serra mentre veniva trattenuto a stento da Angioletti.
La polizia arrivò dopo mezz’ora e ammanettò Nicola Scroglio. Ma nessuna condanna avrebbe mai potuto risarcire la famiglia e le persone che volevano bene alla vittima.

ANTICIPAZIONE EPISODIO 37: A volte non serve cercare le persone, sono loro che vengono direttamente da te. Alex e Flavio in un'avventura dai toni psichedelici che li porterà a tanto così dall'essere ingannati! ALEX FEDELE EPISODIO 37 - GUERRA AL CLAN(1°Parte). Solo qui a partire dal 12 Maggio 2012!




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