GUERRA AL CLAN(2°Parte)
Cos’è
successo nella prima parte: All’ufficio di Flavio arriva un uomo insicuro,
goffo e distratto che vuole riprendere i rapporti con sua moglie. Il problema
però è che non parla con lei da quindici anni e nel frattempo la donna si è
trasferita ad Udine, così ci incarica di trovarla, visto che lui non ha la più
pallida idea di dove sia. Andati ad Udine però, all’indirizzo del suo posto di
lavoro, scopriamo che non che la signora Draschi non lavora lì. Cerchiamo
allora su elenchi telefonici e svolgiamo alcune ricerche, ma niente. La donna
sembra sparita.
Sigla di oggi: "Stay" by Simply Red
CAPITOLO
III – Qualcosa di poco normale
L’aria tiepida della sera
svolazzava sui nostri corpi mentre ci rilassavamo in macchina. Flavio si fermò
vicino ad una vista panoramica di una piccola frazione montana della città.
Posteggiata la Croma, scese a fumare una delle sue sigarette, mentre Baselli,
dopo esser rimasto per un secondo in auto, decise di accettarne una anche lui.
«Sa, di solito non fumo. Ho
smesso da circa dieci anni».
«Non si smette mai di fumare, mi
dia retta».
«Perché dice così?».
«Sa com’è» disse Flavio inalando
la nicotina «esperienza personale. Ho provato a smettere almeno cinque volte
negli ultimi tre anni e indovini un po’? Mai riuscito».
«Davvero? Secondo me è anche
questione di volontà».
«Non dica sciocchezze. E’ come
per la dieta. La forza di volontà può esserci quanto vuole, ma in questo caso
conta solo in piccola parte».
«Che conversazione interessante»
dissi interrompendoli.
«E di che vuoi parlare?» mi
chiese Flavio beffardo, mentre inalava ancora del fumo.
«Vediamo … del caso per esempio?
Siamo ad un punto morto».
«Lo so, e allora?».
«Allora dobbiamo fare qualcosa».
«Qualcuno una volta disse che per
avere il sereno devi attraversare la tempesta».
Quelle parole di Flavio mi
colpirono in modo tremendamente innaturale. Che bastasse un panorama
leggermente suggestivo ed una sigaretta per far fuoriuscire il suo animo
sentimentale?
«Potremmo provare a casa sua, che
ne dite?» chiese timoroso Baselli.
Io e Flavio ci guardammo in
faccia, dopodiché i nostri occhi cercarono quelli di Baselli.
«Ma guarda che idiota! Ha il suo
indirizzo e ce lo dice adesso?» affermò Flavio rabbioso gettando la sigaretta a
terra e calpestandola con la suola.
«M-mi dispiace …» tentò di
giustificarsi.
«Signor Baselli, con tutto il
rispetto» dissi mentre fingevo di stare tranquillo «lei è sveglio come un
cuscino!».
Prima di andare all’indirizzo
della signora Draschi, la moglie di Baselli, ci fermammo per la benzina. Altri
cinquanta euro e passò la paura. Dopodiché ci avvicendammo. Baselli ci aveva
indicato un indirizzo molto defilato dal centro di Udine, direi quasi in piena
campagna. Molto probabile è che senza accorgercene uscimmo anche fuori città.
Non sembrava più l’Udine in cui avevamo vissuto fino ad allora.
I palazzi avevano lasciato ampio
campo ad alberi nettamente storpi e malconci, mentre lo straordinario paesaggio
si era tramutato in angusto palcoscenico sul quale la facevano da padrone vento
battente, terriccio umido e ombre allungate tanto spaventose da far apparire
assassini come agnellini.
«Dove diamine è venuta ad abitare
sua moglie? Al confronto Alcatraz è una piacevole villeggiatura» osservò
Flavio.
«Eh eh eh … non ha tutti i torti»
disse Baselli. Per poi continuare con «anche i parenti gli hanno detto di non
venire qui, eppure non c’è stato nulla da fare. Ha la testa dura».
«La testardaggine è un brutto
difetto» osservò Flavio.
«Dice?».
«Sicuro. E’ uno dei difetti più
brutti che si possano avere. Ti rende impulsivo e con vedute abbastanza
ristrette a mio avviso, non crede?».
«Be’, da ragazzino ero testardo
anch’io».
«In che senso, dice?».
«Deve sapere che i miei genitori,
inizialmente, non avevano piacere di Arianna. Anche lei è figlia di una
famiglia umile, mentre mio padre e mia madre volevano che sposassi la figlia di
una nostra amica di famiglia, la quale economicamente poteva permettersi cose
che all’epoca erano considerate un lusso».
«E lei ha sposato Arianna»
intervenni.
«Certamente».
«Ci furono conseguenze?».
«Quando la portai a casa mio
padre andò su tutte le furie. Ricordo che diede un pugno così forte al muro che
si ruppe una mano e non poté lavorare per un mese».
«Violento?».
«No, impulsivo all’ennesima
potenza, ma non mi ha mai picchiato».
«Che fine ha fatto poi la donna
che doveva sposare?» domandò Flavio tenendo ben saldo il volante.
«E’ morta qualche anno fa».
«Come mai?».
«Overdose di cocaina. Non era mai
stata una ragazza seria. Si figuri che già alle superiori aveva la fama di
essere una grande …».
«Ci risparmi i particolari» disse
Flavio scucendo un risolino. «Era molto ricca?».
«Di famiglia sì. Poi aveva
litigato furiosamente con la madre, sposato un tossicodipendente che la
picchiava ogni santo giorno e fatto la poco di buono in mezzo a molte strade di
periferie».
«E poi morì … giusto?».
«Esatto. Andò a casa di un
cliente piuttosto facoltoso che le aveva chiesto di sniffare della cocaina per
eccitarlo di più. Il suo fisico non ha retto e il resto è storia».
«Che schifo» dissi disgustato.
«E’ stata la mia stessa identica
reazione, ragazzo».
La Croma cominciava a rallentare
la propria andatura andando di pari passo con la densità di terriccio presente
al suolo. Grandi alberi decisamente spaventosi si ergevano ai lati della via
conferendo al posto in questione un aspetto lugubre e sicuramente poco
raccomandabile. Ad un tratto mi parve di esser finito in un film horror tratto
da un romanzo di Stephen King, ma poi la ragione sovrastò l’immaginazione e la
realtà la fece da padrone.
Il vento si faceva sempre più
battente e rendeva difficoltosa la guida. Baselli continuava a scusarsi in un
monito di lamentele sempre più patetiche. Poi ad un tratto sentimmo un tonfo e
il piede di Flavio, per quanto grosso e forte, non riuscì a mettere energia
sull’acceleratore e così ci ritrovammo bloccati nel bel mezzo di quel pantano.
«Ci mancava solo questa» disse lo
stesso Flavio con frustrazione.
«Che succede?» domandai.
«Che succede?» scimmiottò. «Si è
fermata la macchina. Secondo te, cos’altro può essere successo?».
«Siamo nervosetti?».
«Ok, siamo fermi in una città che
non conosciamo, con la macchina fuori uso, in un pantano, cercando una
fantomatica donna di cui non vi è traccia, né indizio e senza sapere la nostra
metà» poi si fermò un attimo «come diamine potrei non essere nervoso?».
«Intanto individuiamo il guasto.
Può essere che sia qualcosa che sappiamo riparare» osservò Baselli.
«Lei non parli nemmeno. I
ventimila d’euro che mi ha anticipato sono anche pochi in confronto a ciò che
stiamo passando da quando abbiamo accettato l’incarico».
Scendemmo dalla macchina in preda
al panico e questo si accentuò quando anche la pioggia battente fece lo stesso.
Eravamo bagnati fradici, con una macchina ferma in una zona davvero poco
allegra.
«Forse posso …» provò a dire
Baselli, ma fu subito stoppato da Flavio.
«Non mi dica che ha un’auto nuova
nel taschino?».
Finse una risata, poi disse: «Lei
è sempre così pessimista?».
Flavio gli lanciò
un’occhiataccia, poi si rivolse a me che avevo alzato il cofano per vedere di
cosa si trattasse il guasto all’auto.
«Ci capisci qualcosa?».
«Be’ … dopo analisi accurate e
qualche ipotesi, posso affermare che … non ci capisco nulla».
«Bella roba. Che razza di
situazione! Non c’è nemmeno una … una cabina telefonica o qualcosa che possa
aiutarci a telefonare per chiedere aiuto. E ormai ci siamo allontanati troppo
dalla città per tornare a piedi».
«Già, a meno che tu non ti chiami
Usain Bolt».
«Sei sempre così spiritoso oppure
hai preso una laurea per questo?».
«Dottor Alex Fedele.
Specializzato in risata e risolini».
Non mi rispose nemmeno e si voltò
verso Baselli. «Senta» lo interpellò «come va il suo cellulare? Perché i nostri
sembra che non prendano».
«Nemmeno il mio» disse questi
estraendo un vecchio Nokia. «Non c’è campo».
«Ci finisco io al campo! A quello
santo però, se continuo a fare questa vita!».
Ad un tratto sentii uno strano
rumore, una sorta di scricchiolio. Non saprei descriverlo in modo accurato e
minuzioso, ma sicuramente posso dire che si trattava di qualcosa di sospetto.
Mentre avevo la testa “infilata” nel cofano dell’auto, sentivo puzza di
benzina, ma non puzza normale. Era un aroma troppo forte, troppo sgradevole
Mi allontanai dall’auto in modo
cauto e vidi Flavio che smise di battibeccare con Baselli. Ora entrambi
guardavano me ed io tenevo lo sguardo fisso sull’auto che non mi era mai
apparsa così spaventosa come in quel preciso istante.
Poi un piccolo botto ed il fuoco
padrone della scena. La Croma era stata completamente avvolta dalle fiamme.
«La mia auto!» urlò a
squarciagola Flavio. Voleva avvicinarsi, ma dovetti trattenerlo e allontanarmi
a mia volta, in quanto il fuoco cominciava a prendere terreno e ad espandere il
proprio raggio d’azione. Baselli guardava imperterrito la scena come se fosse
uno spettatore di un qualche film trasmesso in tv. Nelle nostre pupille
brillava il luccichio delle fiamme. Quelle fiamme consentivano ai brutti
ricordi di venir fuori e ci faceva riflettere sulla nostra situazione. C’era
qualcosa che non quadrava. Ormai era palese, qualcuno voleva eliminarci. L’auto
non aveva certo preso fuoco per caso e sarebbe improbabile pensare ad un
surriscaldamento proprio con quelle determinate condizioni atmosferiche. Ma il
mistero più grande riguardava Baselli. Dov’era sua moglie?
ANTICIPAZIONE EPISODIO 39: Nulla è come sembra ... e mai frase fu più adatta! Un caso all'apparenza delicato e solo leggermente impegnativo si trasforma in una papabile carneficina. Perchè a vincere sarà il più forte .... ALEX FEDELE EPISODIO 39! GUERRA AL CLAN(3°Parte). Solo qui a partire dal 26 Maggio 2012! NON PERDETELO PER NESSUNA RAGIONE!
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