GIALLO
SUL SET
PROLOGO: Ciak, si gira! In un set cinematografico avviene un delitto inspiegabile. I protagonisti hanno tutti qualcosa contro l'un l'altro e la cosa peggiore è che si rifiutano di collaborare. Chi è l'assassino?
Sigla di oggi: "Giudizi universali" by Samuele Bersani
CAPITOLO
I – Tutti sul set!
La fortuna è inaspettata, a volte
quasi sadica. L’ultima volta che Bianca aveva avuto un colpo di fortuna era
stato per errore. La crociera riservata a pochi sulla “Karen” aveva assunto due
differenti strade. La prima era consistita nella carneficina e nella strage che
quella ragazza, Elisabetta, aveva compiuto uccidendo molteplici poveri
innocenti. La seconda era stata invece quella che ormai era diventata il mio
tarlo fisso, il mio martello pneumatico, tutto ciò a cui pensavo ogni singolo
momento della mia vita. Il Fuoco Re. E’ grazie a quella crociera, è grazie a
quelle circostanze che conobbi per la prima volta il nome di quelle persone per
me allora anonime, ma che in seguito ho scoperto essere il veleno della mia stessa
vita.
Fatto sta che Andrea, che aveva
la passione per un certo tipo di merendine, aveva trovato il tagliando che
permetteva a chi lo avesse trovato di fare un giro su un vero set
cinematografico. Insomma, quel giorno avevamo accompagnato tutti mio fratello e
ci eravamo impegnati affinché passasse una giornata strepitosa. Era
letteralmente esaltato e a dir la verità lo eravamo un po’ tutti. Non ero mai
stato su un set televisivo ed ero curioso di come si comportassero gli addetti
alla lavorazione del film.
«I signori Moggelli?» un uomo
dalla corporatura robusta e con su un paio di grandi cuffie collegate ad una
sorta di auricolare ci venne incontro dicendo questa frase. Aveva la maglietta
sporca di una qualche stranissima salsa e la barba incolta.
Flavio guardò Bianca e sussurrò:
«Se sono tutti così quelli del cinema, stiamo messi bene». Poi si rivolse
all’uomo e lo dribblò con un sorriso «Sì, siamo noi».
Ok, non ero un Moggelli, ma ormai
quando andavo nei più svariati luoghi mi etichettavano come membro della
famiglia acconsentivo sempre.
Attraversammo lunghissimi
corridoi stracolmi di gente indaffarata. C’era chi teneva migliaia di fogli in
mano e chi invece parlava freneticamente al telefono; C’erano gli attori che
camminavano su e giù per le stanze indignati per chissà quali balzani motivi e
c’erano i costumisti che li rincorrevano pregandoli di fare meno capricci e
urlando frasi a caso come “cosa ci vuoi fare dolcezza?”. Insomma, non mancava
niente. Non sarei stato sorpreso se per caso da una delle porte fosse saltato
fuori un tirannosauro. Al limite avrei sbadigliato e l’avrei salutato in
francese, così avrei ottenuto l’etichetta di “gentleman”, ma niente di più.
Camminammo non so per quanto e
nel tragitto udii le lamentele di Flavio, le solite. Era riuscito a trovare
quaranta difetti diversi in meno di trenta secondi. Se avessi chiamato la
commissione ufficiale sarebbe stato di sicuro registrato come record mondiale.
Insomma, dopo aver attraversato
praticamente la metà di tutti gli studi televisivi, l’uomo con le cuffie alle
orecchie, che scoprimmo chiamarsi Vincenzo Misatti e che ci comunicò di essere
il tecnico responsabile del funzionamento dell’ambiente, spalancò delle enormi
porte in legno in stile saloon. Ci ritrovammo quindi in un enorme spiazzale, a
dir la verità leggermente ameno, dove sostavano diversi personaggi televisivi e
cinematografici. Non seguivo molto lo showbiz, mentre mi sembrò che Flavio e
Bianca sapessero vita, morte e miracoli di ogni singolo personaggio.
«Oh mio Dio! Guarda chi c’è!»
cominciò ad urlare esaltata Bianca «quello è Loris Esenti, l’attore
protagonista di quella nuovissima fiction, “Cuori su uno scoglio”. Quanto è
bello!».
La guardai leggermente con
diffidenza. Chissà cosa ci trovava in quel tipo. Un bellimbusto pompato da
chissà quante ore di palestra, con un’abbronzatura ridicola e inusuale per la
stagione, frutto di chissà quante lampade.
«E guarda lì Bianca» replicò mio
fratello «quel signore appare sempre in televisione in quella pubblicità dei
detersivi!» ultimò indicando un uomo dalla barba incolta e dai grandi occhiali
da sole.
«E’ vero Andrea. E’ Carlo
Marchesi, il famoso regista cinematografico! Da lui sono nati film come “Dammi
la tua anima”, “Il ciondolo di Monica” e anche il pluripremiato capolavoro “Amore
e guerra”».
«Perché dici sono nati?» chiese
quasi amletico mio fratello «mica li ha fatti nascere lui?».
«Be’, è come se fosse. Ha fatto
tutto lui. Regista, sceneggiatore e anche un cameo».
«Che cos’è un cameo, fratellone?»
mi chiese girandosi verso di me.
«Un cameo è quando una persona
partecipa per pochi secondi in un film» risposi.
«Ma soprattutto c’è la grande
Giorgia Calmelli! Oh cavolo!» esclamò Flavio quasi fuori di sé. «Sono
abbastanza elegante? Farò una buona impressione? Ragazzi, come stanno i
capelli?».
Tutti noi lo guardammo abbastanza
increduli. Non era facile vedere Flavio sulle ali dell’entusiasmo. Nel senso
che aveva certamente i suoi miti, ma era raro vederlo esaltato per qualcosa per
qualcuno. In fare zelante si presentò subito usando un tono di voce a dir poco
inusuale.
«Salve signorina Calmelli, mi
chiamo Flavio Moggelli e sono … ».
«Il detective Flavio Moggelli?»
interruppe il regista Carlo Marchesi.
«Be’ … sì, perché?» domandò
incredulo Flavio.
«Nulla» continuò l’uomo mettendo
una mano sulla spalla di Giorgia Calmelli. Dopodiché la baciò
appassionatamente, creando un momento quasi all’altezza delle sue migliori
pellicole. Un bacio da film insomma, lungo, intenso, passionale, che mi fece
arrossire completamente.
«Oh cavolo!» esclamò quasi
involontariamente Flavio.
«Ma la prossima volta» disse
Marchesi staccandosi dalla Calmelli «si ricordi di usare il suffisso signora.
Giorgia è mia moglie da tre mesi ormai, anche se nello spettacolo continua ad
usare il suo nome da nubile».
«Oh, mi dispiace! Non lo sapevo,
comunque non volevo assolutamente … ».
«Ah ah ah! Mi dica la verità, le
ho messo paura eh?! Allora sono un bravo attore oltre che un eccezionale
regista!».
Modesto il tipo, non è vero?
Flavio rimase quasi sconcertato,
mentre Marchesi sghignazzava e sua moglie, la bellissima Giorgia Calmelli,
rimaneva quasi spaesata dalla scena. Pur essendo una celebrità doveva essere
molto timida perché si limitava ad annuire e a ridacchiare con fare quasi
nobile. I capelli biondi le cadevano sul viso in modo delicato e contrastavano
alla perfezione con i suoi bellissimi occhi azzurrini.
«Comunque, per farmi perdonare
dallo scherzo di mio marito» cominciò a parlare Giorgia «vi invito a fare
colazione con noi. Sbaglio o siete i vincitori del concorso?».
«Sì!» rispose euforico mio
fratello.
«Bene, e allora vieni piccolo!»
continuò a tono Marchesi.
CAPITOLO
II – Rancori delle stelle
Seduti ad un tavolo di legno
apparecchiato in stile moderno intorno al quale erano riuniti alcune celebrità
molto note, si provava un po’ di soggezione. Bianca mangiò pochissimo. Diceva
che non voleva perché doveva dimagrire. Le donne! Era magrissima, eppure andava
cercando il modo di perdere altro peso. Un altro po’ e sarebbe diventata
trasparente, invisibile. Nell’ordine ci presentarono Vincenzo Misatti, che poi
si rivelò essere non altri che il tecnico che ci aveva accompagnati
dall’entrata fino al luogo in cui avevamo incontrato Marchesi e Calmelli, Loris
Esenti, un attore appena ventenne, giovanissimo e assolutamente in rampa di
lancio e infine Paolina Mostrena, una donna di circa sessant’anni che invece
aveva preso parte a decine di pellicole famosissime e che con i suoi capelli
rossicci era diventata praticamente un’icona pop del secolo precedente. Ricordo
che mio zio andava matto per lei. Non aveva perso nemmeno uno dei suoi film.
Dopo le solite presentazioni e i convenevoli di rito, tutti ci sedemmo ed
iniziammo a degustare una colazione decisamente leggera. C’erano toast, fette
biscottate e tantissimo caffè. Ah sì, per chi la voleva, si poteva avere anche
una sorta di pizza bianca.
«Allora Carlo» iniziò a parlare
Loris Esenti «hai pensato alla mia proposta?».
«A quale ti riferisci?» rispose
il regista intento nello spalmare la marmellata sulla sua fetta biscottata.
«Come? L’hai già dimenticata?».
Carlo Marchesi sbatté un violento
pugno sul tavolo e fece cadere tutto ciò che aveva nel suo raggio d’azione.
«Se alludi a quello stupidissimo
ricatto che hai cercato di impormi ieri, sappi che la risposta è e sarà sempre
no!». Ora il regista urlava e si era alzato in piedi. Giorgia Calmelli cercava
di sedare i bollenti spiriti di suo marito intervenendo con paroline dolci e
piccoli sussurrii, ma ebbi l’impressione che fu del tutto inutile.
«Non c’è bisogno di scaldarsi tanto.
D’altronde, è logico che tu faccia i tuoi interessi, fai solo film da fallito.
Ormai non ti vedono più neanche al Polo Nord … ».
Quelle parole funsero da input
per una rissa immediata che terminò con urla, insulti davvero molto pesanti e
accuse al vetriolo. Loris Esenti si carezzò i suoi capelli riccioluti,
dopodiché affermò:
«Vado in camerino a riposare …
chissà che non mi venga una buona idea per … calmare qualcuno». Nonostante la
rissa continuava a pungere. Che faccia tosta. Gli avrei volentieri spaccato la
faccia.
«Che scortese quel Loris!»
commentò Bianca.
«Ma se fino a dieci minuti fa lo
idolatravi!» le risposi.
«Be’? Non si può più cambiare
idea?».
«Che maleducato! Sapeva che non
avrebbe mai ottenuto quella parte nel tuo film e …» commentò Vincenzo Misatti.
Ma fu interrotto Era stato il primo che aveva cercato di calmare i bollenti
spiriti ed era stato il primo a scusarsi con noi dichiarandosi «davvero
costernato».
«E tu, brutta serpe, non credere
che abbocchi alla tua patetica strategia!» Carlo Marchesi si era appena ripreso
che già aveva ricominciato ad attaccare. Ora la sua “vittima” era il povero
tecnico di studio, amicone di tutti gli attori.
«Ma di cosa stai parlando? Ti ho
sempre difeso!».
«Già … credi che sia stupido?
L’altro giorno ti ho sentito benissimo quando hai parlato male di me con il
nuovo arrivato. Ti credi superiore solo perché ti devo qualche centesimo ed ora
sei in rosso? Be’, se mi gira, quei soldi non li rivedrai mai più, idiota!».
«Non trattarlo così male … »
bisbigliò Giorgia Calmetti.
«Cosa?! Lo difendi anche? Guarda!
Non ho nemmeno un soldo in tasca e mi rinfaccia ogni giorno il fatto che gli
devo quei famosi cinquecento euro che mi ha prestato un mese fa!».Marchesi era
un fiume in piena, si era svuotato le tasche ed era davvero sul punto di
esplodere.
«Finiscila di fare tanta
confusione, ti sentiranno anche negli studi affianco!» rimproverò Paolina
Mostrena.
«E tu va in pensione, attrice da
quattro soldi!» fu la risposta.
«Attrice di quattro soldi a me?
Non sono io quello che si è praticamente comprata la commissione che ti ha
specializzato come regista!.
«Ah, ricorri ai colpi bassi?
Bene, allora vorrai di certo rammentare il tradimento che hai fatto verso tuo
marito a pochi giorni dalla sua morte. I tuoi figli non ne sanno nulla, ma sono
sicuro che saranno interessati!».
«Ora basta!» urlò decisa la
Calmetti. «E’ un giorno di lavoro, ci sono delle persone che hanno vinto un
giro su un set televisivo e per di più c’è un bimbo con loro e noi offriamo
spettacolo in questo modo? Dovreste vergognarvi … tutti quanti!».
«Cara, non fare così … » tentò di
giustificarsi Marchesi.
«Lasciami stare!» continuò
urlando. «Oggi è il nostro anniversario e tu ti comporti così?!» E così facendo
si alzò dal tavolo e si diresse verso il camerino. Non ne fui certamente
sicuro, ma mi pare che in una delle tasche della Calmetti si ebbe un luccichio.
Forse era solo una mia impressione.
Pochi secondi l’uscita di scena
dell’attrice, Marchesi si scusò con noi per il pessimo spettacolo offertoci, giustificandosi
come “possessore di una rabbia repressa covata per anni” o qualcosa del genere
e così facendo andò in camerino. Voleva
riappacificarsi con sua moglie. Probabilmente gli sarebbero servite delle ore,
ma era stato bello il suo gesto di voler tentare almeno un riavvicinamento.
Passarono pochi minuti, nei quali
Flavio si rimpinzò di tartine rustiche e nei quali Bianca e Andrea curiosarono
un po’ dappertutto trascinandomi con loro. Non avevo la benché minima voglia di
vedere polverose locandine di film datati dell’epoca dei dinosauri e così me ne
andai un po’ in giro nelle vicinanze, per conto mio.
Vidi Marchese uscire dal camerino
di Giorgia Calmelli. Forse avevano già fatto pace, o forse i buoni propositi
del regista erano andati a farsi fottere, chissà. L’unica cosa che potevo
evincere da quella discussione è che di sicuro il regista aveva tante persone
che avrebbero avuto di sicuro qualche pesante ripercussione su di lui, mentre
per quanto riguarda le donne … be’, le donne sono complicate come rebus senza
soluzione. Avevo già risolto vari casi a Fondi, la mia città natale, ma le
donne non ero proprio ancora riuscito a capirle. Per niente. Il telefono di
Marchesi continuava a squillare ad una suoneria altissima, quasi da discoteca.
Gli addetti ai lavori rimasero quasi sconvolti. Alla fine rispose e riprese a
parlare
Mi allontanai ancor di più dalla
piazzola dove troneggiavano i camerini degli attori, dei registi e dei vari
addetti ai lavori e così mi ritrovai in un corridoio chiuso. C’era solo una piccola
porticina in plastica. Doveva essere per forza un bagno, non c’erano altre
spiegazioni. Ad un muro c’era un poster di Sophia Loren, la famosissima attrice
italiana, icona di bellezza e di classe immortale.
Le urla di Marchesi ci
richiamarono all’ordine.Urla di terrore e di incredulità, urla che ti fanno
correre subito. Ed è quello che feci. Prima di me accorse Flavio, più vicino
alla scena e non appena notai che Bianca aveva coperto la visuale di mio
fratello con il suo corpo, mi accorsi che qualcosa non andava. Il resto della
gente che era seduta al tavolo con noi pochi minuti prima, guardava la scena
con grande paura e con un’enorme tristezza.
«Cosa succede? Chi ha urlato?»
chiesi in trepidazione. Flavio aveva il viso severo, scrutava la scena con grande
autorità, come fa sempre quando c’è un caso da risolvere.
La povera Giorgia Calmelli, era
distesa al suolo, con una corda al collo e tanta paura negli occhi. Era morta,
probabilmente da pochi minuti.
«Chiami la polizia … » sussurrò
Flavio a Vincenzo Misatti
«Non vuole che chiami
un’ambulanza?» domandò quest’ultimo.
«No … purtroppo non c’è nulla da
fare».
Ero già chinato sul corpo della
vittima, guardando la scena con gli occhi passivi, di chi sa di dover fare Giustizia a tutti i costi.
Il processo di rigor mortis non
era ancora cominciato. Il decesso si era consumato sicuramente da poco tempo.
«Credo possiamo affermare che si
tratti di suicidio, signori» sentenziò Flavio. Aveva le mani in tasca e si era
acceso una sigaretta. «Posso fumare qui dentro non è vero? Alla fine siamo in
un parcheggio, in uno spiazzale» domandò a Misatti, il quale rispose
affermativamente.
«Scusa, come fai a determinare
con così poco tempo che si è trattato di suicidio?» gli domandai.
«Guarda bene, testa di rapa. La
donna si è messa una corda alla gola e … ».
«E mi spieghi dove si era legata
per impiccarsi?».
«Cosa vuoi dire?».
«Non vedi? Il lembo della corda
che servirebbe come input per suicidarsi … è a terra. Non è collegato a niente.
Non è sospetto?».
«Be’ sì …» ammise con un po’ di
soggezione «ma forse legandosi al lampadario, la donna si è lasciata andare
troppo violentemente e quindi la fune si è staccata dal punto d’appoggio, non
credi?».
«Può essere, ma in questo caso,
il lampadario dovrebbe ancora essere in movimento a causa del peso del corpo.
Dovrebbe dondolare insomma, considerando che il decesso è avvenuto pochi minuti
fa» affermai guardando ancora una volta il corpo.
«Be’, questo è vero».
«C’è un’altra cosa strana papà»
interruppe Bianca. «Se la signora Giorgia si è suicidata legandosi la fune al
lampadario, perché non c’è nessuna sedia? Insomma, con cosa è salita sopra?».
«Ora che mi ci fate pensare è
vero … senza contare che il letto è dall’altra parte della stanza rispetto al
lampadario … ma allora … ».
«Già, questo non è un suicidio!»
esclamai.
CAPITOLO
III – Indizi per la verità
La polizia arrivò in breve tempo.
Credo ci misero più o meno una quindicina di minuti. Non male, se si
considerava che arrivavano dall’altra parte di Torino.
L’ispettore Vincenzo Ducato e il
suo agente di fiducia, Giuseppe Novato, erano entrati in pompa magna nella
stanza preannunciando quella che sarebbe stata una mattinata di fuoco.
«Cosa succede qui? Flavio, che
piacere ritrovarti».
«Piacere mio ispettore … stavamo
giusto … ».
«Ho detto che è un piacere
ritrovarti, quindi non farmi rimangiare le parole, è chiaro?».
Giuseppe Novato si avvicinò
repentinamente a Flavio e gli sussurrò queste parole:
«Oggi l’ispettore è nervoso
perché ha avuto una discussione con sua moglie al telefono e …».
«Novato! Ti ho sentito! Se
spifferi ancora qualcosa ti mando a dirigere il traffico al sud!».
«Mi perdoni ispettore!» si scusò.
«Cosa abbiamo qui?» domandò
ancora Ducato. Prima che potesse ricevere una risposta, anticipò tutti
affermando con stupore: «Ma questa non è la famosa Giorgia Calmelli? E lei è
Marchesi, il famoso regista! Come mai siete coinvolti in un crimine?».
«Ma quale crimine?» urlò deciso
il regista «si vede lontano un miglio che mia moglie si è suicidata! Non sia
ridicolo!».
«E’ impossibile che la sua
signora si sia tolta la vita e le abbiamo già spiegato il perché» interruppi.
«Non ci sono sedie che attestino che sia salita sul lampadario e ammesso che si
sia appeso a questi … perché non dondola? Il processo di rigor mortis non è
ancora cominciato quindi il decesso risale a pochi minuti fa».
«E allora spiegamelo tu ragazzino
… come sono andate le cose?».
«Semplice» affermai con tutta la
calma del mondo «uno di voi quattro è l’assassino della signora Calmelli».
«Ci stai incolpando di omicidio?
Ma su quali basi … ?» intervenne Loris Esenti.
«Signor Esenti, me lo dica lei
allora come sono andate le cose. A me
pare che non possa trattarsi di suicidio ed è evidente che la signora è stata
strangolata con una corda … mi dica, qual è l’ultima opzione rimasta?».
Nessuno rispose.
«Fatto sta» disse ricollegandosi
al discorso Paolina Mostrena «che non puoi incolparci di qualcosa che non
abbiamo fatto».
«Se abbiate compiuto sì o no
questo delitto, non sta a voi affermarlo. Sarà la polizia a determinarlo».
«Ispettore! Gli dica qualcosa!
Sta sputando fango sulla memoria di mia moglie!» mi attaccò Marchesi.
«Ma quale fango e fango? Il
ragazzo ha pienamente ragione! Uno di voi quattro, visto come si sono messe le
cose, è l’omicida della signora Calmelli e la polizia farà di tutto per
chiarire. Flavio e tutti gli altri … avete visto qualcuno entrare in questo
piazzale oltre ai presenti?».
Tutti rispondemmo con un cenno
negativo della testa.
«E da quando siete qui?».
«Be’, da circa quaranta minuti».
«Bene. Novato, ordina di chiudere
tutte le uscite della piazzola. L’omicida è tra i quattro e lo troveremo
sicuramente!».
Il solerte Novato corse a più non
posso percorrendo in una decina di secondi l’enorme superficie dello spiazzale.
«Raccontami la dinamica dei fatti
Flavio».
«Be’ ispettore. Siamo venuti qui,
abbiamo fatto conoscenza dei signori e poi siamo andati a colazione».
«A colazione?».
«Sì, ha capito bene». Flavio
deglutì «Poi ci sono state delle discussioni a tavola e dopo circa venti minuti
che ci eravamo divisi è successo il fattaccio».
«Delle discussioni eh?».
«Suvvia» intervenne Marchesi «confessa
Vincenzo, l’hai ammazzata tu, non è vero?».
Vincenzo Misatti rabbrividì. Il
suo colorito passò dal “pallido” al “cadaverico” e i suoi occhi si riempirono
di sangue.
«Ma come puoi incolparmi di una
cosa del genere? Ti ha dato di volta il cervello?».
«Per niente amico. Ma lo sanno
tutti che avevi già delle cose contro di me. Altrimenti non mi avresti mai
parlato dietro con i nuovi arrivati. Mentre tu Loris» disse rivolgendosi a
Esenti «volevi quella parte nel mio nuovo film e così hai deciso di eliminare
mia moglie eh? Bravo davvero».
«Cosa diamine vai cianciando? Sei
impazzito? Non avrei mai potuto … ».
«Già. Già, dite tutti così … oh,
dimenticavo il relitto del cinema. Paolina, per quel discorso di tuo marito e
del tuo tradimento …».
«Basta! Non azzardarti a nominare
Giancarlo!».
«Ora basta lo dico io! Vi
incolpate a vicenda, ma il colpevole è uno solo! Detto questo, cominciamo con
le deposizioni. Uno ad uno sarete chiamati a raccontare quello che avete fatto
negli ultimi venti minuti. Useremo quella stanzetta abbandonata che mi ha
mostrato un addetto ai lavori poco fa» affermò Ducato indicando una minuscola
stanzina dipinta di grigio.
Che confusione che si era creata.
Sapevo chi fosse l’assassino. Già, perché il primo che parla, di solito è colui
che ha commesso il crimine più efferato del mondo. Avevo l’impressione che
fosse Marchesi l’assassino che stessimo cercando. Marchesi aveva ucciso sua moglie
… ma come l’aveva fatto? Come ci era riuscito? La donna era stata ritrovata a
terra, con una corda legata intorno al collo ed il lembo opposto molle a terra.
Il terrazzino che dava sul panorama era completamente spalancato e la sedia
sulla quale presumibilmente era seduta la vittima al momento dell’aggressione,
completamente rovesciata.
Ducato aveva già portato i
sospettati nell’angusta stanzina, mentre Novato era rimasto in nostra compagnia
facendo qualche altra battutina sullo stato sentimentale del suo superiore.
«Alex … Alex … Alex! E’ sempre la
stessa storia, quando ha un caso da risolvere si isola dagli altri. Guardalo, è
una statua!» si lamentò Bianca rivolgendosi a Novato e osservandomi mentre
avevo assunto la mia proverbiale posizione di pensiero. Per chi non lo sapesse,
la mia posizione di pensiero preferita è quella nella quale mi siedo su una
sedia, un letto o un qualsiasi ripiano e metto la mano destra che mi ricopre
interamente la bocca e la mano sinistra chiusa a pugno verso la tempia sinistra.
Sembro ridicolo, sembro in posa per un ritratto, ma almeno riesco ad isolarmi
dall’esterno e a concentrarmi.
Nel mio cervello frullavano idee
di ogni genere. Il lembo della corda che era stato ritrovato a terra era stato
spezzato da qualcosa, come se fosse stato tagliato a razzo da qualcosa o da
qualcuno.
«Guardate … qui ci sono dei pezzi
di corda» osservò Bianca posizionandosi appena sotto la porta di entrata del
camerino della vittima.
«Dove?» domandai sovreccitato.
«Ah, allora dobbiamo trovare indizi
per parlare con te?» disse ironicamente Bianca.
«Lascia stare» le risposi
cercando di farmi largo dietro di lei. Mi chinai sulle ginocchia e guardai
attentamente. Dei piccoli filini di corda erano sparsi in modo confuso ma
ordinato a terra. Erano paralleli all’asse immaginario che mi ero creato a
partire dalla maniglia della porta fino ad arrivare verso in basso.
Forse quel piccolo indizio poteva
aiutarmi a capire qualcosa, ma … non c’eravamo per niente! Ero ancora troppo
lontano dalla verità.
«Un cellulare!» esclamò Flavio.
«Cosa?».
«Il cellulare della vittima.
Forse ha lasciato un messaggio di addio» osservò acutamente.
«Già».
Flavio tolse il block, ma niente
di niente. Nessun indizio, nessuna via da seguire.
«Bah! Un altro buco nell’acqua!»
disse lanciandomelo al volo. Per poco non lo feci cadere.
Lo esaminai a lungo e la prima
cosa che mi venne in mente fu quella di andare a guardare i messaggi. In
particolare ce ne fu uno che mi colpii. Aveva la data esatta di quel giorno ed
era stato inviato cinque ore prima, quindi verso le sette del mattino ed era
indirizzato ad una certa Amy. Era scritto così:
“Amy, non vedo l’ora di dargli il
regalo! Alla fine ho scelto un ciondolo con il mio nome tempestato di diamanti.
Mi è costato molto, ma per Carlo questo è altro! E’ l’amore della mia vita. Ho
deciso però di fare come mi avevi suggerito e cioè di infilarglielo in tasca
senza che lui se ne accorga … sai che sorpresa quando lo troverà! Bacioni! P.S.
Sono sicura che mi regalerà quella collana vista in centro due settimane fa!”
Ora avevo capito … e mi
dispiaceva molto. Sì, davvero molto. L’amore è spesso un sentimento controverso
e la vittima era stata tradita con l’amore negli occhi. Era morta con l’amore
nel cuore. Con gli occhi bassi per la situazione, posai il telefono sul letto
della vittima e mi diressi fuori dal camerino. Trascinai letteralmente Novato
con me, nonostante le proteste di quest’ultimo che voleva restare a parlare di
golf con Flavio.
«Ascolta Novato» gli dissi mentre
mi guardava esterrefatto.
«Dimmi tutto Alex … perché mi hai
trascinato fuori con così tanta fretta?».
«Non scopriranno mai la verità
con gli interrogatori. Ho capito come si sono svolti i fatti … come faccio però
a interrompere gli interrogatori di Ducato senza che lui mi uccida?».
«Eh be’» disse nascondendosi
dietro ad una risatina «a questo posso pensarci io … ci faremo aiutare da
qualche tecnico del montaggio e cose del genere ok?».
«D’accordo».
CAPITOLO
IV – Amore e odio
«Dov’è Alex? Non lo vedo da un
po’ … » osservò Flavio. L’uomo aveva assunto la tipica posizione di chi non
voleva più aspettare. Aveva le mani in tasca e la sua andatura non lasciava
presagire nulla di buono.
«Non so» rispose a tono Bianca
«forse è andato a curiosare in giro con Novato».
«Già … c’è un caso da risolvere e
lui se ne va in giro! Non ti pare sia un po’ troppo svogliato?».
«E a te non pare di essere
eccessivamente duro con lui nei tuoi giudizi?» domandò Bianca innocentemente.
«Per niente! Devo plasmarlo io …
devo … hai capito insomma!».
«In verità poco o nulla, ma se
sei contento tu papà …».
In quel momento il monitor che
troneggiava nel camerino di Calmelli si accese da solo. Flavio si spaventò
tanto da cadere a terra. Poi vide la faccia giocosa e allegra di Alex e si
rassicurò.
Una volta vistomi in faccia,
cominciò come di consueto a ricoprirmi di insulti. Io e Novato ci eravamo
stabiliti in una stanzetta del piano superiore utilizzata per il doppiaggio di
un vecchio telefilm gangster degli anni settnta. Avevamo deciso, grazie
all’aiuto di un tecnico, di stabilire un collegamento tra la videocamera che
teneva Novato e il monitor del camerino della vittima. Era l’unico modo per
risolvere il caso pur non essendo fisicamente presente lì. O meglio essendolo,
ma solo in video. In questo modo avrei ottenuto meno lamentele, Ducato non
avrebbe potuto colpirmi (voi non avete mai ricevuto una sua pacca amichevole
sulle spalle) e la gente si sarebbe zittita per la semplice scena creata.
«Flavio, Novato è qui con me.
Raduna tutti, ho capito come sono andati i fatti!» annunciai.
«Scusa, ma che ti sei fatto il
segretario? Queste cose … ».
«E muoviti!».
«Vado, stai calmino!».
Due minuti dopo, Carlo Marchesi,
Vincenzo Ducato, Loris Esenti, Paolina Mostrena e Vincenzo Misatti, erano
radunati di nuovo tutti insieme nel camerino della vittima. Fino ad allora
erano stati sottoposti ad un ferreo interrogatorio di gruppo. Secondo Ducato
interrogarli di gruppo era una buona idea in quanto pensava che l’omicida fosse
più di uno e che quindi prima o poi uno di loro si sarebbe tradito.
«Alex! Che cos’è questa
pagliacciata?!» la voce di Ducato risuonò anche attraverso le cuffie datomi dal
tecnico per recepire meglio i suoni all’esterno della sala di doppiaggio.
«Ehm … era per ottenere più
attenzione … si calmi ispettore».
«Un corno! Flavio mi ha detto che
presumi di aver risolto il caso … muoviti!».
«Ok, ok, non si agiti». “Che
modi” pensai facendo un sorrisino sarcastico. «Ricostruiamo la dinamica dei
fatti. Dopo aver fatto colazione insieme, io, Flavio, Bianca e Andrea abbiamo assistito ad una lite furibonda tra
tutti i membri del tavolo. La signora Calmelli cercava di stemperare i toni,
mentre suo marito, Carlo Marchesi, rincarava la dose ad ogni parola detta dal
resto dei presenti. Dopo aver discusso con Marchesi, Giorgia Calmelli si è
ritirata nel suo camerino. Circa cinque minuti dopo ho notato Marchesi che
entrava nel camerino di sua moglie. Inizialmente pensavo fosse per tentare un
riavvicinamento, ma poi ci sono state delle cose che mi hanno indotto a pensare
diversamente … ».
«Ad esempio fratellone?» domandò
Andrea. Mio fratello era stato muto tutto il tempo. Aveva scrutato con i suoi
piccoli occhietti tutte le scene che gli si erano parate davanti senza dire una
parola.
«Ad esempio il fatto che Marchesi
è uscito quasi subito dalla stanza. Sapete perché è uscito così presto? Perché
è lui l’assassino della signora Calmelli!».
«Ah ah ah! Sei spiritoso
ragazzino! Ma non hai prove e dovresti andarci piano con le accuse» disse
cambiando repentinamente tono di voce e impostazione modulare.
«Lei è entrato nella stanza di
sua moglie. Ha tentato di fare la pace, ma la signora ha rifiutato. Poi lei le
avrà sicuramente chiesto scusa. Le scuse erano un parte essenziale del piano
per farla fuori, non è vero? Dopodiché, guardate cosa ho trovato nella tasca
della vittima. Un cellulare. E se andiamo nella cartella “messaggi inviati” ce
n’è uno davvero interessante inviato cinque ore fa. Dice cosi: “Amy, non vedo l’ora di dargli il regalo!
Alla fine ho scelto un ciondolo con il mio nome tempestato di diamanti. Mi è
costato molto, ma per Carlo questo è altro! E’ l’amore della mia vita. Ho
deciso però di fare come mi avevi suggerito e cioè di infilarglielo in tasca
senza che lui se ne accorga … sai che sorpresa quando lo troverà! Bacioni! P.S.
Sono sicura che mi regalerà quella collana vista in centro due settimane fa!”.
Capite adesso?».
«Francamente non ancora. Cosa
vorresti dimostrare con questo?» domandò Paolina Mostreni.
«Non ci siete ancora arrivati?
Ok, vi dirò un’altra cosa. Poco fa, Novato ha trovato dei filini di corda sotto
la maniglia della porta del camerino. Inoltre, prima dell’omicidio, la signora
Calmelli aveva uno strano oggetto che le brillava in una delle due tasche. E’ tutto
chiaro ora?».
«Non è chiaro un bel niente se
non ci spieghi! Diamine!» sbottò Ducato.
«Insomma, l’oggetto che luccicava
in tasca alla vittima, era il suo regalo di anniversario per Marchesi. Come
recita il messaggino, la Calmelli voleva infilargli il regalo in tasca senza
che lui se ne accorgesse. Voleva farlo in un momento di intimità e quale
miglior momento se non quello delle scuse? Immagino abbia baciato sulle labbra
sua moglie signor Marchesi».
Marchesi era livido di rabbia. La
sua faccia sprizzava rabbia ovunque. Stava per crollare. Mancava davvero poco.
«Ma il messaggino dice anche
un’altra cosa … dov’è il regalo del regista per sua moglie?» osservò Bianca.
«Ottima domanda. E’ lì, sul
pavimento. E’ la corda che ha usato per strangolare la vittima!».
«Che cosa?!» esclamò Loris
Esenti.
«Ma sì, dai, non avete ancora
capito? Non è così difficile. Dopo averla baciata, il signor Marchesi avrà
detto a sua moglie di avere con sè il suo regalo. Le avrà fatto chiudere gli
occhi e la donna avrà subito immaginato si trattasse della collana che
desiderava tanto. Così, avendo già legato un capo della corda alla maniglia
della porta, ha infilato il cappio della corda attorno al collo della povera
signora Calmelli. Si è allontanato dicendole di non aprire gli occhi. Dopodiché
ha lentamente aperto la porta ed è uscito di soppiatto. Così facendo ha
sbattuto violentemente la porta e il cappio intorno al collo della donna … si è
stretto fino a diventare una morsa inesorabile!».
«Stai dicendo un mucchio di
cavolate! Non credi che mia moglie se ne sarebbe accorta se avessi avuto una
corda in mano? Non era addormentata».
«Infatti era girata di spalle.
Guardate la sedia che era sul terrazzino com’è caduta. Ha lo schienale faccia a
terra e anche il corpo è con la schiena rivolta verso il pavimento. Lei ha
messo la corda a terra, appena dietro la sedia di sua moglie e … ha fatto
quanto ho descritto».
«Ah ah ah! Saresti un ottimo
scrittore di romanzi gialli. Ma voglio le prove! Non ce le hai ancora
mostrate!».
«Già, è vero Alex … dove sono le
prove?» domandò Ducato. Pareva essersi calmato.
«Oh, tranquillo ispettore. Ne
basterà una sola. Il colpevole, la prova schiacciante, ce l’ha addosso!».
«Come?! Cos’hai detto?» sobbalzò
Vincenzo Misatti.
«Esatto. Controllategli le
tasche».
Ducato eseguì. E dopo pochi
secondi estrasse una catenina con il nome “Giorgia” tempestata di diamanti.
«E’ la stessa identica catenina
che corrisponde alla descrizione nel messaggio. E quando può avercela messa la
signora Calmelli? E’ ovvio, in un momento di intimità, ovvero quando stavano
baciandosi dopo aver appena fatto la pace! Confessi amico, è stato lei a
compiere questo crimine!».
La risatina diabolica di Marchesi
scrisse la parola fine a quella lunghissima ed estenuante giornata.
«Che buffo … ho fatto centinaia
di film … ma proprio io non sono riuscito a recitare la parte più importante.
Sì, l’ho uccisa io. Mi ha costretto a ucciderla … io ero … ero stato legato a
sua sorella fino a circa due anni fa. Poi mi sono innamorata di lei, ma una
volta, sotto l’effetto dell’alcol … mi disse di aver … mi disse di aver
eliminato Marta con del cianuro. Non potevo perdonarglielo. Non era minimamente
pentita! Quella sgualdrina meritava la morte!».
«Nessuno merita la morte»
sentenziai. «E’ uno sciocco se la pensa così. La signora Calmelli aveva
sbagliato indubbiamente, ma doveva rivolgersi alla polizia. Il secondo sbaglio,
non pone rimedio al primo».
Nelle deposizioni Marchesi
confermò quanto detto da me. Mi piangeva il cuore per quella storia. La
Calmelli aveva ucciso sua sorella Marta solo per gelosia o chissà per quale
assurda ragione. Marchesi aveva ucciso Giorgia Calmelli per vendetta. Una
catena di amori e di emozioni contrastanti. Marchesi innamorato di Marta. Marta
uccisa da Giorgia. Giorgia innamorata di Marchesi. Marchesi assassino di
Giorgia.
«Uccidere … come si può accostare
questo verbo ad … amare?» disse Bianca tra sé e sé mentre eravamo in macchina
sul sedile posteriore. Andrea aveva preferito sedersi per una volta davanti e
così …
«Non si può infatti … » commentai.
Lei annuì, poi si rivolse a me e
mi domandò: «Sei mai stato innamorato?».
«Ehm … che domande sono?! Io non
sono … ecco … innam … ecco … ».
«Ok, se non vuoi rispondermi … fa
niente, non ti agitare».
Che idiota che sono. Quando parlo
di amore divento rosso come un peperone e balbetto.
«Il nostro amico è riservato e
tiene la bocca chiusa sull’amore … perché non provi a prendere quest’abitudine
per tutto?» commentò Flavio sarcasticamente. Che simpatico.
ANTICIPAZIONE EPISODIO 34: Un caso irrisolto, un nuovo omicidio, intrighi, passioni e misteri che si fondono alle spalle di un noto politico. Tutto accade in un soggiorno in montagna. Si scoprirà quanto è difficile trattenere le bufere dei sentimenti. ALEX FEDELE EPISODIO 34 PERSI NELLA NEVE. Solo qui a partire dal 21/04/2012! NON PERDETELO PER NESSUNA RAGIONE!
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