Statistiche del Blog

10164

sabato 21 gennaio 2012

Alex Fedele: Le punizioni della Karen 5°parte (stagione 1; episodio 23)


LE PUNIZIONI DELLA KAREN(5°parte)

PROLOGO: Via il sipario, ora finalmente sappiamo che Elisabetta è l'assassina, ma con la bomba come la mettiamo e soprattutto, non sappiamo ancora i biechi motivi che hanno spinto la ragazza alla strage. Alex indaga e instaura un dialogo in punto di morte con la ragazza ... quando si dice, il passato che ritorna! 

Cos’è successo nelle prime quattro parti?:Bianca vince una crociera risolvendo insieme a me un gioco di logica su internet. La crociera sarà nel Mediterraneo e vede oltre a noi(io, Bianca, Flavio e Andrea), altri 7 passeggeri. Per i primi due giorni va tutto bene, ma la sera del secondo giorno, il capitano della nave si accorge che un passeggero è in mare. Viene ripescato e appuriamo che si tratta di Riccardo Montervino, lo stuntman che era partito con noi. Sembra un incidente, ma sulla testa c’è del sangue coagulato e sotto le unghie ci sono frammenti di pelle umana. NON E’ STATO UN INCIDENTE!La mattina dopo però. Un’altra spiacevole sorpresa ci attende. La signora Lonsi, è ritrovata morta nella sua cabina, con un accendino in mano ed un colpo di pistola alla testa. La cosa strana è che veste solo di una minuta vestaglietta intima. Veniamo inoltre a scoprire che il colpevole ha, con tutta probabilità, gettato l’arma del delitto in mare, e che la vittima trafficava droga per un clan mafioso. La mattina successiva, troviamo il corpo di Alberto Falonghieri, il noto imprenditore. Affianco al suo letto, vi è un coltellino da cucina, così il sospettato numero uno diventa il cuoco, Federico Mascella. La sera, io e Flavio decidiamo di dormire fuori dalla cabina e di sorprendere l’omicida. Un urlo però ci fa allontanare dal luogo. E’ quello di Elisabetta, che ci dice di aver visto un losco figuro dirigersi verso la sala delle caldaie. Andati lì, troviamo il corpo bruciato vivo di Federico Mascella. La testa però è lasciata fuori dal forno della caldaia nella quale era chiuso, probabilmente legato, così sul collo, noto che ci sono alcuni segni di violenza, con un ricamo a ghirigori. L’ASSASSINO E’ ANCORA TRA NOI! Grazie ad alcuni indizi, riesco a scoprire che l’assassino che ha commesso ben 4 delitti, è l’innocente Elisabetta. Dopo averla inchiodata però, confessa di aver predisposto una bomba per esplodere a bordo tra soli 7 minuti!




CAPITOLO IX – Parola d’onore

«Non c’è tempo da perdere! Dobbiamo evacuare la nave immediatamente!» urlò il vice capitano Nelboni. Il panico si diffuse tra la gente a bordo, Lucas Merota cominciò ad urlare a squarciagola come una ragazzina; Enrico Bascia tentava di mantenere il suo proverbiale sangue freddo, ma era in difficoltà. Bianca fu gelata nel sangue; Flavio era rimasto con gli occhi socchiusi in attesa di sviluppi e sembrava propiziare una strategia mentale. Corsi verso Elisabetta. La strattonai dicendole:
«Dimmi come si disattiva la bomba! Ti rendi conto che potrebbe accadere una strage ancora più grande di quella che hai già provocato?».
Inizialmente non mi rispose. Poi fece ondeggiare la testa e mi sussurrò che non gli importava nulla.
«State calmi signori!» riprese l’attenzione Casolare «prendete il minimo indispensabile e mettetevi in attesa sul ponte principale. Abbiamo scialuppe di salvataggio per tutti. Non temete, ce la faremo!». Poi ordinò a Nelboni e ai due ragazzi dello staff di preparare le scialuppe. Tutti corsero nelle loro cabine. L’aria era elettrica.
Tre minuti dopo, tutti erano pronti per abbandonare la nave. Anche per quanto mi riguarda era tutto a posto. Avevano fatto indossare a tutti dei giubbotti bianchi, di quelli che dovrebbero gonfiarsi appena toccano una superficie di acqua considerevole, in modo così da salvare chi non sa nuotare.
Ci stavano caricando sulle scialuppe. Ne erano state predisposte tre. Una per Casolare, Nelboni e lo staff. Un’altra per me, Bianca, Flavio e Andrea, e l’ultima per Bascia, Merota e Elisabetta.
Quindi apparentemente sembrava non esserci alcun problema. Sia Merota che Bascia erano in salvo, ma … mancava Elisabetta. Non potei avvistarla da nessuna parte.
«Signor Casolare … » gli domandai mentre aiutava Bianca a salire sulla scialuppa insieme a Flavio «dov’è finita Elisabetta?».
«E’ già nella scialuppa ragazzo».
«Non direi signore … guardi» dissi indicandogli il posto vuoto.
«Dannazione! E allora dov’è finita?».
Mi fermai un attimo, poi ebbi un sussulto. «Lo so io!» urlai ad altissima voce. Cominciai a correre come un forsennato per la nave. Elisabetta voleva togliersi la vita! Non potevo permetterlo! Un detective non spinge mai al suicidio nessuno, criminali compresi.
La voce di Flavio mi chiamava a gran voce ricoprendomi di insulti e cercando di trattenermi.
«Brutto idiota! Dove vai? Vuoi farti ammazzare?» Poi lo vidi mentre mi seguiva correndo quanto me.
Continuai a correre come un folle, finché non arrivai sul ponte più esterno della nave. Lì c’era Elisabetta, girata di spalle.
Con il fiatone, riuscii a chiamarla usufruendo dell’ultimo filo di voce che mi era rimasto.
«Elisabetta» le dissi esasperato.
«Che cosa vuoi ancora da me? Verme schifoso!» mi urlò addosso lei.
«Da che pulpito … » dissi inizialmente. Poi mi ricomposi e risposi «Solo farti ragionare».
Flavio era dietro di me, fermo, immobile come una statua di cera.
«Senti Alex, è meglio che andiamo, non … ».
«Un detective deve assicurare giustizia, non vittime. Per quanto i criminali sbaglino, non hanno alcun diritto a togliersi la vita. E se un detective permette questo, allora non è degno di essere considerato tale». Non mi girai nemmeno per dire queste parole. Ci fu un attimo di silenzio che parve non finire mai.
«Abbi cura di te» mormorò Flavio da dietro le mie spalle. Poi sentii i suoi passi allontanarsi velocemente. Lo sentii dialogare tra sé e sé.
«Perché sei venuto qui, verme?» iniziò Elisabetta.
«Solo per parlare e per farti ragionare. Te l’ho detto no?».
«Se le cose andassero come ordinato … a questo punto non mi ritroverei a parlare con te».
«Che cosa vuoi dire?».
«La crociera, gli organizzatori, il quesito … era tutto finto, non l’hai capito stupido detective?». Che gentile, non è vero? Un amore.
«Fin qui c’ero arrivato» dissi appoggiandomi alla porta della caldaia. «Ma, tu … chi sei? Perché hai fatto questo?».
«Vuoi sapere chi sono? E va bene … tanto morirò su questa nave, non come te che farai la tua bella carriera e ti farai bello con le prime pagine». Poi trasalì «Io faccio parte … sono parte di un clan terroristico, mafioso, criminale. Ne hai mai sentito parlare? Si chiama Fuoco Re».
Rimasi immobile.
«Il mio clan aveva rapporti con tutte le persone che vedi nella nave. Dall’operaio dal cuore buono, al cuoco che ho bruciato vivo! Tutti erano in rapporto con noi. Tutti per arrotondare svolgevano compiti criminali per noi!» disse con voce stridula. Le emozioni cambiano le persone. Non sembrava più la ragazza gentile ed espansiva che avevamo incontrato solo pochi giorni prima.
«Vuoi dire che i passeggeri … ».
«Sì, i passeggeri lavoravano con noi un tempo. Lo staff è escluso naturalmente. Ma poi si sono stancati, tutti loro ci hanno denunciato e hanno messo a repentaglio la nostra incolumità. Così abbiamo corrotto la famiglia proprietaria della nave, abbiamo instaurato questo concorso fittizio che metteva in palio una crociera e abbiamo immesso nei computer di queste persone i dati necessari a partecipare al concorso. L’indovinello era complesso, ma eravamo sicuri che sarebbero riusciti a risolverlo».
«Ma cosa c’entra Bianca allora? Perché è stata contattata anche lei?».
«Bianca … non c’entrava assolutamente nulla» disse in preda alla follia. «I nostri server hanno errato alcuni codici di identificazione del linguaggio informatico. Di conseguenza, il numero IP di Bianca è risultato uguale a quello del nostro uomo».
Il vento della notte ci faceva trepidare, l’aria fresca assicurava brividi emotivi fuori dal comune. Le onde rullavano tra loro, dando all’ambiente un aspetto da ultimatum.
«Sbrigati adesso, non vorrai morire?» le dissi a voce alta per paura di essere coperto dal rumore delle onde.
«Tu credi che io voglia salvarmi?» mi domandò guardandomi con occhi stanchi.
 «Ne sono sicuro. Non vuoi morire, nessuno lo vuole».
Diedi un’occhiata al timer della bomba. Mancavano 2 minuti e 35 secondi.
«Io invece lo voglio».
«Ma perché?» le chiesi nervoso.
«Ho fallito una missione … il clan mi ucciderà. Tu non sai niente di me, del mio passato … non sai che sarò soggetta a torture fisiche e psicologiche per mesi se dovessi tornare senza un nulla di fatto» disse piangendo. Poi riprese a parlare «La mia sfortuna è stata che tu capitassi per sbaglio su questa nave. Se non ci fossi stato tu … io avrei abbandonato la nave prima e avrei completato l’opera uccidendo tutti … io … ».
«Ma ti ascolti quando parli?» la rimproverai a muso duro. «Sei dispiaciuta per non aver ucciso, mentre dovresti esserla per averlo fatto! L’omicidio è imperdonabile! Hai fatto una strage di poveri innocenti! Avrebbero pagato le loro colpe in prigione!».
«Tu parli da detective! Non sai nulla!».
«Ne so abbastanza per dirti che hai già commesso una sciocchezza enorme. Ora non commetterne un’altra. Vieni con me! Il timer segna un minuto preciso. Non fare la stupida, vieni con me, non ha senso farsi saltare in aria adesso».
«Io non vado in galera» mormorò.
«Ti costruirai una nuova vita una volta espiate le tue colpe! Per quanto riguarda la vendetta del clan, chiederai la protezione alle forze dell’ordine, cambierai identità! Insomma, avrai l’opportunità di diventare una persona nuova, dopo la galera!».
«No,  non posso».
«Ma perché?!» chiesi irritato. Guardai il timer. Meno 30 secondi all’esplosione.
«Per un discorso d’onore. I membri minori del clan, quando falliscono una missione, devono uccidersi … significa non essere riusciti a soddisfare quello che il loro sovrano gli diceva di fare!».
«L’unico Sovrano sta in cielo» le dissi sorridendo maliziosamente «Lascia stare. L’onore non è per i criminali, altrimenti non avresti ucciso nessuno» ultimai deluso, con lo sguardo basso.
I miei compagni di viaggio erano sulle scialuppe di salvataggio a metri di distanza, ma i loro occhi mi si attaccavano addosso come in uno stadio gremito di gente, come se avessi io l’unica possibilità di salvare il mondo e questo francamente non mi piaceva affatto.
Elisabetta Criota si allontanò ulteriormente da me, prese il dispositivo e se lo mise addosso. Senza paura, con lo stesso sprezzo del pericolo di chi aveva ucciso quattro vittime.
«No!» gli urlai con gli occhi rossi dell’agitazione. Poi mi mostrò il timer e con l’indice fece segno al tempo. Meno 5 secondi. Lanciai un ultimo urlo, poi corsi verso il ponte con tanta disperazione,  a gareggiare con la morte. Un salto lungo, profondo, impotente …  e poi il mare. Il botto, una nave in fiamme, Elisabetta Criota scomparsa tra l’inferno provocato dalla bomba. Il mio volto taciturno per non essere riuscito a trattenerla da quel folle gesto. Le urla di Flavio e di Bianca che mi richiamavano a salire sulla scialuppa di salvataggio.
Ero riuscito a salvare la mia vita, ma non quella di un altro essere umano. Era stato tremendo.

CAPITOLO X – Ritorno alla base

Giorni dopo, ero ancora provato per l’esperienza sulla nave. Nei giorni precedenti Flavio aveva provato a tranquillizzarmi in ogni modo possibile. Devo dire che fu anche più gentile del solito, ma non funzionò molto. Digiunai quasi in quei giorni. Vivevo le me giornate in casa, con la testa sui libri gialli, o il volto diretto a fissare il vuoto, come fosse una sorta di spettacolo imperdibile. Sapevo di avere la coscienza pulita, ma sapevo anche che non è compito di detective far perdere la vita a qualcuno. Insomma, ci ero rimasto male di non aver evitato il suicidio di Elisabetta Criota. Ogni tanto guardavo all’indietro, per vedere poi mio fratello Andrea scrutarmi preoccupato come nel peggior film drammatico. Di fronte a lui cercavo di essere leggermente più allegro, ma non serviva a molto per convincerlo. Mio fratello sapeva e covava dentro di sé quei sentimenti negativi.
Nemmeno le cure affettuose di Bianca riuscivano a distogliermi dal pensiero di Elisabetta. In questa circostanza, ebbi l’aiuto di una persona che fino a quel momento avevo considerato in modo minore rispetto a quello che effettivamente vale.
«Ancora depresso?» Fabio si sedette vicino a me sul divano nero di pelle del salotto di casa Moggelli.
«Un po’ … ».
«Ti va di fare una partita a carte? Un bel poker tra amici?». Sul suo viso era dipinta un’espressione bonaria.
«No grazie … non sono in vena».
Seguì un attimo di silenzio.
«Alex ascolta … non è così che si combattono le difficoltà».
«Lo so» mormorai a testa bassa.
«Non mi pare» disse Fabio appoggiandomi una mano sulla spalla. «Ascolta» affermò mentre impugnava una salda una copia di “Dieci piccoli indiani” di Agatha Christie «in questi giorni hai letto e riletto gli stessi libri, hai fissato il vuoto a ripetizione e hai guardato tv fino a scoppiare … cosa ti succede?».
«Lascia stare».
«Ma un bel niente!» disse spazientito. «Accetto che tu non voglia parlarne con Bianca o con tuo fratello. Passo sopra anche al fatto che tu non voglia dire quello che pensi e quello che provi a mio padre … ma almeno sfogati con me. Insomma, abbiamo su per giù la stessa età. Potrei essere tuo fratello».
«Ok» gli dissi a voce bassa, mantenendo lo sguardo distaccato. «C’è un po’ di tristezza per l’esito finale del caso della nave e … ».
«Sei dispiaciuto per non esser riuscito a salvare dal suicidio Elisabetta Criota, non è vero? Comunque ho sentito che sia Bascia che Merota sono stati arrestati per associazione mafiosa».
«Già».
«E non sei contento? Insomma, è anche merito tuo!».
«In un caso non ci sono eroi o antagonisti. C’è solo un detective che deve far di tutto per far regnare Giustizia ed equilibrio. E stavolta non … ».
«Stavolta un bel nulla! Tu hai provato a salvare quella donna dal suicidio! Ma lei non ti ha ascoltato e si è ammazzata con le sue mani. Alex, credimi, non hai nessuna colpa, ma è normale che tu ti senta uno straccio. Ora però devi reagire».
«Reagire» ripetei a voce bassa. «Reagire non è facile».
«Lo so bene Alex … ma hai diciotto anni, una mente brillante, un’intelligenza acuta, la vita davanti e una carriera che può davvero assicurare Giustizia dove non c’è … non buttarti giù per non esser riuscito a convincere un criminale a non togliersi la vita. Avresti dovuto crucciartene se non ci avessi nemmeno provato, ma tu sei stato sopra quella nave fino a cinque secondi prima dell’esplosione … hai rischiato la tua vita, hai rischiato di saltare in aria, solo perché volevi salvare una vita umana. La tua coscienza è a posto!».
«Forse hai ragione» ripetei a basso tono.
«Sicuramente è così, dammi retta!».
Quella sera abbracciai forte Fabio. Qualcuno una volta disse che l’uomo indossa delle maschere per tutta la vita. Sì, è vero. Tutti indossiamo delle maschere, ma la cosa più bella è che quando te la togli, a volte,  hai un animo ancora più nobile di quello che volevi mostrare. Fabio, che si era dimostrato svogliato, a tratti futile su argomenti seri, giocherellone, burlone e scostante su problemi di vera rilevanza, quella sera con le sue parole era riuscito a farmi cambiare idea. E non potrò mai ringraziarlo abbastanza.
«Ehi! Siamo in vena di abbracci?» Flavio era entrato dalla porta, con la sua consueta camminata.
«No, no» affermò Fabio «finalmente ha capito» aggiunse con un sorriso di soddisfazione.
«Ne sono felice» continuò Flavio. «Sai ragazzo … non era piacevole vederti in colpa» disse appoggiandomi una mano sulla spalla.
«Non lo era nemmeno per me».
«Lo so bene».
«Vabbè» iniziò Fabio «io esco. Ho appuntamento con Martina al cinema».
«Buona serata Fabio e … grazie» gli dissi sorridendogli quasi in modo sofferente.
Non rispose, ma mi fece l’occhiolino. Passammo qualche minuto in silenzio.
«Sempre gialli eh? Sai, anche a me alla tua età piacevano tanto … ma non ero fissato come te» disse Flavio prendendo l’opera della Christie.
«Eh già … e pensa che l’ho riletto già una decina di volte … ormai so i nomi di tutti i protagonisti a memoria».
Ci fu ancora silenzio.
«Dimmi un po’ … se hai voglia di parlarne naturalmente … cosa ti stava dicendo Elisabetta Criota nel vostro scontro sulla nave?».
«Sì tranquillo … nulla, mi ha detto che il concorso era una farsa e che eravamo capitati lì per un errore di un server … I loro uomini … Sai che tutti erano traditori e … ».
«Non ho ben capito … ma avevano tradito lei?».
«No, il clan per il quale lavoravano».
«Il clan?».
«Sì, pareva che c’entrasse qualcosa col fuoco … mi pare si chiamasse Fuoco Re o qualcosa del genere … ».
Flavio trasalì senza alcuna espressione negli occhi e il vuoto per un momento  lo avvolse. Per un attimo impallidì. Poi si alzò ed uscì dalla stanza. Cosa stava succedendo? Rimasi di sasso.

Mentre a casa Moggelli il dialogo era ormai sfociato nel mistero, tanto più lontano due figuri parlavano della questione “Karen”. Stavolta Alex non era presente, per nulla, ma il suo essere risiedeva nell’aria e fluttuava nelle parole di persone a dir poco losche.
«Criota ha fallito l’assalto a quanto vedo». Una voce stanca, segnata dalla vecchiaia, strideva nell’aria come il suono di un coltello su uno specchio. Una televisione illuminava una stanza buia e le conferiva un aspetto decisamente poco allegro. La stanza era stazionata all’ultimo piano di un vecchio albergo sconclusionato. Era fuori città, a circa un quattrocento metri dalla campagna.
«Già» sussurrò una voce più giovanile, decisamente da quarantenne. «Succede» aggiunse tranquillo mentre fumava una sigaretta.
I volti dei due figuri erano nascosti dal buio e nessuno di loro era ben delineato alla luce del sole. Il più anziano dei due gettò la sigaretta a terra e la calpestò con la suola.
«E’ un problema quel ragazzo» aggiunse il vecchio.
«E’ solo una macchietta microscopica» commentò il quarantenne con poca esitazione.
«Già, hai ragione figliolo».

ANTICIPAZIONE EPISODIO 24: Il luogo di un delitto può essere impensato, spesso a tratti anche insospettabile. Stavolta il tutto accade in un parcheggio sotterraneo di un condominio all'apparenza tranquilla. Come scoprire il delitto? Idea ... usiamo ... i fiori! ALEX FEDELE EPISODIO 24: IL PARCHEGGIO DEI MISTERI! Solo qui, a partire dal 28/01/2012! NON PERDETELO PER NESSUNA RAGIONE!

Nessun commento:

Posta un commento

Commenta qui e dimmi che ne pensi!