LE PUNIZIONI DELLA KAREN(4°
parte)
Cos’è successo nelle prime tre
parti?:Bianca vince una crociera risolvendo insieme a me un gioco di logica su
internet. La crociera sarà nel Mediterraneo e vede oltre a noi(io, Bianca,
Flavio e Andrea), altri 7 passeggeri. Per i primi due giorni va tutto bene, ma
la sera del secondo giorno, il capitano della nave si accorge che un passeggero
è in mare. Viene ripescato e appuriamo che si tratta di Riccardo Montervino, lo
stuntman che era partito con noi. Sembra un incidente, ma sulla testa c’è del
sangue coagulato e sotto le unghie ci sono frammenti di pelle umana. NON E’
STATO UN INCIDENTE!La mattina dopo però. Un’altra spiacevole sorpresa ci
attende. La signora Lonsi, è ritrovata morta nella sua cabina, con un accendino
in mano ed un colpo di pistola alla testa. La cosa strana è che veste solo di
una minuta vestaglietta intima. Veniamo inoltre a scoprire che il colpevole ha,
con tutta probabilità, gettato l’arma del delitto in mare, e che la vittima
trafficava droga per un clan mafioso. La mattina successiva, troviamo il corpo
di Alberto Falonghieri, il noto imprenditore. Affianco al suo letto, vi è un
coltellino da cucina, così il sospettato numero uno diventa il cuoco, Federico
Mascella. La sera, io e Flavio decidiamo di dormire fuori dalla cabina e di sorprendere
l’omicida. Un urlo però ci fa allontanare dal luogo. E’ quello di Elisabetta,
che ci dice di aver visto un losco figuro dirigersi verso la sala delle
caldaie. Andati lì, troviamo il corpo bruciato vivo di Federico Mascella. La
testa però è lasciata fuori dal forno della caldaia nella quale era chiuso,
probabilmente legato, così sul collo, noto che ci sono alcuni segni di
violenza, con un ricamo a ghirigori. L’ASSASSINO E’ ANCORA TRA NOI!
Sigla di oggi: "Walk" by Foo Fighters
CAPITOLO
VII – Voce alta
Il fresco richiamo marino
adottava una nuova giornata. Eravamo rimasti in pochi, rispetto a quando eravamo
partiti. Il capitano Casolare aveva un’espressione delusa e amareggiata. Si
carezzava la sua grigia barba incolta e veniva assalito dalla foschia del
mattino. Spruzzi di acqua leggeri, bagnavano le nostre tempie e ci consentivano
di ottenere dei momenti di lucidità dall’incubo che stavamo vivendo.
L’assassino pareva non aver lasciato tracce, e ciò era preoccupante. Non ho mai
creduto al delitto perfetto. Non esiste. Non è mai esistito. Non esisterà mai.
Il colpevole per quanto sia infame nel nascondere le prove che lo inchiodano,
tralascerà sempre qualcosa.
C’era un’aria insolitamente
fresca.
«Manca solo un giorno all’arrivo»
osservò Enrico Bascia, l’operaio dal cuore umile. Quell’uomo era stato
gentilissimo anche nei giorni scorsi, e, grazie alla sua indubbia freddezza, era
riuscito a mantenere un self control davvero eccezionale.
Mio fratello fece uno starnuto.
Poi un altro e ancora un altro.
«Tieni, prendi un fazzoletto» gli
disse Elisabetta. La donna porse a mio fratello un pacchetto di fazzoletti di
colore giallo ocra, con ricamature bianco sporco.
«Grazie mille signorina
Elisabetta» ringraziò educatamente.
Avete presente quei flashback
improvvisi? Me ne venne uno proprio in quel momento. I miei occhi si sbarrarono
e si riempirono di sangue, i miei pugni si chiusero e divennero armi letali; Il
mio volto si distorse dalla solita espressione pacifica e divenne pronto alla
guerra. Ora quadrava tutto. I miei sospetti erano fondati. Ora sapevo come mai
Orietta Lonsi aveva aperto al suo assassino in quel modo. Elisabetta, grazie ai
suoi fazzoletti, mi aveva aperto la strada verso la deduzione principale, io la
chiamo “ la base intuitiva casistica”.
Ora mi spiegavo come mai Federico
Mascella fosse stato ritrovato in quelle condizioni e come mai Alberto
Falonghieri fosse stato così fragile nel far entrare un papabile sospettato
nella propria cabina. No, non erano coincidenze. Ce n’erano troppe.
Indifferente, mi avviai verso il
ponte di comando e guardai i superstiti, che dialogavano tra loro di come il
tempo in questa crociera non sia passato mai, a causa di quel brutale assassino
che li torturava.
Andai dal capitano Casolare, lo
tirai a me e gli chiesi un piccolo favore.
Dieci minuti dopo, la luce alta
della nave si accese, abbagliando tutti i passeggeri, staff compreso. Flavio
guardava in alto a fatica, dimenandosi per scostarsi da quella profonda luce
bianca che gli invadeva gli occhi e che glieli faceva bruciare.
«Ma chi diamine è che si diverte
a fare scherzi?!» urlò con la solita fermezza.
«Allora» dissi dal microfono
posto a pochi centimetri da me e legato ad una postazione usata per controllare
le aree marine più facilmente. «Piaciuto lo scherzetto?» dissi con ironia e
tono sprezzante.
«Ma quello … » cominciò Bianca.
«E’ Alex!» ultimò Flavio con
rabbia. Poi si avvicinò alla postazione, seppur da sotto, urlando a
squarciagola:
«Scendi di lì ragazzino! Ti è
dato di volta il cervello? Sei idiota oppure hai fatto un corso specifico per
essere tale?».
«Ammetto di aver fatto un corso
specializzato» risposi a tono. «Ma non tutto può essere insegnato come in una
università, Flavio». Le mie parole risuonavano fastidiose alle orecchie dai
partecipanti a quel macabro gioco. Il perché avessi scelto di parlare da lassù,
è sconosciuto perfino a me. Non lo chiamerei protagonismo. Piuttosto mi andava
che tutti mi sentissero bene, forte e chiaro. Ok, lo ammetto, non ridete, ma
era abbastanza fico parlare da lassù. Ti sentivi come Al Pacino in “Scarface”,
quando diceva “The World is Yours!”, ricordate?
Ad ogni modo, continuai la mia
patetica recita da lupo di mare.
«Ma cosa dici Alex? Scendi prima
di farti male!» mi rimproverò Bianca.
«Un attimo. Non interessa a
nessuno sapere come si sono svolti i fatti dal primo omicidio fino
all’ultimo?».
«Che cosa?» disse sonoramente
Enrico Bascia «vuol dire che hai chiaro il quadro della situazione?».
«Esatto signor Bascia. Lei ha
centrato il punto. Ora so, chi è il mostro che si diverte ad uccidere».
«Stai dicendo sul serio ragazzo?
Non ci stai prendendo in giro» chiese Merota.
«Mai stato così serio» replicai
dall’alto.Fisicamente parlando, sia chiaro.
«Allora muoviti! Dicci chi è
l’assassino!» incitò Elisabetta.
«Con calma signorina. Non avrei
fretta … sa com’è … non vedo come lei potrebbe essere felice di essere
inchiodata al suo destino!» dissi alzando il tono della voce.
«Vuoi dire che … » disse Flavio a
voce alta.
«Esatto, l’assassino che ha
commesso ben quattro omicidi, è proprio la signorina Elisabetta Criota!».
CAPITOLO
VIII – Arma a doppio taglio
«Ma come ti permetti? Brutto
detective da quattro soldi!». Elisabetta Criota era fuori di sé. Gli occhi
arrossati, le labbra secche e i pugni chiusi in posizione d’attacco, davano
l’idea di una donna mentalmente instabile, anche se probabilmente non lo era
affatto. E’ sempre così, mia madre diceva che esistono i pazzi e i pazzi furbi.
La Criota era assolutamente del secondo tipo.
«Mi permetto eccome mia cara»
dissi ironicamente. Avevo una faccia da schiaffi sul volto. Mi divertivo nel
momento in cui dovevo incastrare i colpevoli. Vedere l’espressione di terrore
dipinta sul loro volto, non aveva prezzo.
«Non chiamarmi “mia cara”,
ragazzino impertinente!».
Al suo confronto un bisonte a cui
avevano pestato la coda era nettamente più pacifico, ma che ci volete fare? E’
così che va la vita.
«Insomma, basta tergiversare!
Vuoi dirci che prove hai contro Elisabetta?» urlò Flavio.
«Ti accontento subito. Passiamo
al primo omicidio. Lo staff della nave ha dato l’allarme di un corpo in mare,
che poi si è rivelato essere quello di Riccardo Montervino, il noto stuntman.
Tutti hanno pensato a un incidente, ma la realtà dei fatti è molto diversa.
Infatti, sul capo della vittima, c’era del sangue coagulato, e se non sbaglio
anche nel punto in cui è stato ripescato il corpo c’era uno strano alone rosso.
Con il buio non si vedeva bene, ma quando il vice capitano ha acceso il faretto
principale della nave per consentire di vedere meglio il corpo in mare, me ne
sono accorto subito. La vittima è stata prima tramortita e poi gettata a mare».
«Non sai quello che dici! Come
avrei potuto, io che sono gracile ed esile, buttare un uomo di quel peso giù dalla
nave, da sola?».
«Giusto Alex, non può essere»
osservò Bianca toccandosi il mento.
«Oh, parliamoci chiaro. La
signorina è abbastanza avvenente. Gli avrà detto di sporgersi per motivi di
pura cavalleria e il nostro Riccardo, per buona educazione, non ha esitato
nemmeno un attimo. Poi l’ha tramortito. Il pover’uomo è rimasto in bilico,
barcollante sulla parte finale della nave. A quel punto bastava una
spintarella. Non mi credete? Sotto le unghie della vittima sono state ritrovate
parti di pelle umana. Sono sicuro, che non appena toccata la terraferma, la
scientifica sarà curiosa di esaminarle, e allora scopriremo tutta la verità».
«Non ha prove contro di me» disse
scostante Elisabetta.
«Mi dica una cosa. Alla partenza,
lei vestiva sempre con canottiera scollata, aveva vestitini succinti, che poco
lasciavano all’immaginazione. Mi dica, perché dal momento in cui Riccardo è
stato assassinato, ha cominciato a vestire in modo diverso? Sempre felpe a
maniche lunghe, anche quando il tempo non le consentivano». Il suo viso si fece
di ghiaccio, gli occhi strabuzzarono tre volte. «Non è che ha qualche segno
sulle braccia? La verità è che lo stuntman l’ha presa alle braccia cercando di
difendersi e l’ha graffiata. E’ da lì che provengono i frammenti di pelle di
cui parlavo poc’anzi!».
Tutta la nave mi fissava in modo
alquanto interessato. Il capitano Casolare aveva imposto di default un sorriso
soddisfatto sotto i baffi grigi.
«Per quanto riguarda la
professoressa, scoprirla è stata ancora più semplice» sussurrai lisciando uno
dei pali dell’imbarcazione.
«Il fatto è che la donna è stata
ritrovata in vestiti intimi, con un accendino in mano».
«E quindi? Quale sarebbe la
prova?» disse Enrico Bascia cercando di farsi sentire.
«La prova, signori, sta
nell’abito della vittima». Un grido di sussulto uscì dalla bocca della maggior
parte dei presenti.
«Provate a ragionarci» incitai.
«In quel momento sulla nave c’erano due sole donne oltre a Bianca. Orietta
Lonsi e la nostra Elisabetta. Se ha aperto la porta della cabina vestita in
quel modo … ».
«Significa che a bussare doveva
essere stata per forza una donna!» ne uscì vittoriosa Bianca.
«Proprio così» dissi socchiudendo
gli occhi. Poi li riaprii «Solo una donna poteva convincere la signora Lonsi ad
uscire in quello stato dalla sua cabina. Senza contare l’accendino in mano.
Glielo avrà chiesto per fumare una sigaretta. Una volta che glielo ha visto in
mano … l’ha aggredita e l’ha uccisa … non è vero Elisabetta?»
Non rispose.
«Non parla più adesso? Allora
ascolti, parlo io» dissi aggrappandomi ad una fune collegata ad una delle viti
di fissaggio del ponte sul quale avevo stazionato. Mi lasciai calare lentamente
in basso e arrivai a destinazione. Inciampai però, e così feci una figuraccia.
Ma perché sono così goffo a volte?
«Sapete» dissi mettendomi seduto
a terra in segno di pace «le donne hanno un vantaggio non indifferente. Possono
usare la loro seduzione come un’arma. Anche uno sguardo può trasformarsi in una
letale arma se usato bene. E’ un po’ come per le parole, per le emozioni o per
i semplici gesti».
«Ti metti a fare il poeta
adesso?» mi rimproverò Flavio.
«Nient’affatto. La nostra
Elisabetta, ha usato la sua arma migliore per fare i suoi porci comodi. Sto
parlando della seduzione naturalmente. Prendiamo il signor Falonghieri ad
esempio. Non deve essere stato difficile per lei entrare nella sua cabina. Lo
avrà provocato un pochino, lui le avrà aperto credendo di averla conquistata,
ma lei lo ha ammazzato senza pietà. Sto indovinando vero Elisabetta?».
«Maledetto … » mormorò lei in
trance.
«E vuole sapere dove mi sono
accorto che era stata propria lei a commettere l’omicidio? Flavio, ti ricordi
quando abbiamo trovato un cadavere e tu avevi bisogno di un fazzoletto?».
«Sì, ma cosa c’entra?».
«Dimmi, chi è stata la prima a
offrirtelo?».
«Elisabetta».
«E mi dica signora Elisabetta …
lei come faceva a sapere dov’erano esattamente i fazzoletti nella stanza del
signor Falonghieri? Lei si è tradita in quel momento. Non ha avuto nemmeno un
attimo di esitazione. Li ha presi subito, quasi come se fosse la sua stanza».
«Ora che ci penso … è vero!»
sussurrò il capitano Casolare.
«Aspetta solo un attimo!» disse
Lucas Merota. «Elisabetta non può essere l’assassina, perché ha visto lei
stessa il colpevole passare per i
corridoi della nave. Non ricordi ragazzo? Ha anche lanciato l’allarme!».
«Certo signor Merota, ma il fatto
è che ha lanciato un falso allarme. Non avrà creduto davvero che abbia visto
qualcuno muoversi nell’ombra? Il suo era solo un pretesto per condurci nella
stanza delle caldaie, dove aveva già mietuto un’altra vittima, è questa la
verità!».
«Ma non ci sono prove contro di
lei stavolta».
«Oh sì che ci sono. La testa del
signor Mascella, è rimasta fuori dalla caldaia, e di conseguenza anche il
collo. Le bruciature sono meno evidenti. La vittima è stata prima strangolata,
come si vede dai segni sul collo, e poi buttata lì dentro. Ma diamo un’occhiata
alla corda con la quale ha strangolato. Ha dei motivi a ghirigori. Gli stessi
motivi della borsa dalla cinta lunga che la signora Elisabetta aveva quando si
è presentata a Roma il giorno della partenza! Le basta come prova signor
Merota?».
«D-direi di sì» disse sbigottito.
Elisabetta, dal canto suo,
guardava in basso. Tremava tutta e non sopportava il brusio che si era creato
causa le mie parole. Gli occhi fissavano il vuoto, c’era davvero poco da fare,
ce l’avevo in pugno.
«Bravo» disse con gli occhi
malati e infangati del crimine. «Ma c’è una cosa che ancora non sai» disse accendendosi
una sigaretta.
«Uh?» riuscii ad esclamare mentre
mi guardava con gli occhi di volpe.
«Eh già, detective. Non hai visto
la bomba che ho messo nella sala caldaie dei macchinisti?».
«Cosa?!» esclamai con gli occhi
pieni di terrore.
«Eh sì» disse guardandosi
l’orologio da polso «dovrebbe esplodere tra qualche minuto … tic-tac, tic tac, tic
tac» e poi fece un risolino malvagio.
«Va subito a controllare!» disse
Casolare ad uno dei ragazzi dello staff che all’occorrenza fungeva anche da
macchinista. La “Karen” andava alimentata con un carburante speciale solo tre
volte al giorno per quindici minuti. Poi andava liscio. Possedeva un sistema di
automatizzazione quasi innovativo.
Il ragazzo fu di ritorno dopo
pochi secondi.
«Capitano» disse ad alta voce
mentre si asciugava il sudore dalla fronte imperlata «c’è davvero! E’ sotto una
delle assi vecchie del pavimento».
Trasalii.
«Tra quando esploderà?» chiese
Flavio ad occhi chiusi per il terrore.
«C’è scritto, sette minuti e
venticinque secondi ».
ANTICIPAZIONE EPISODIO 23: Via il sipario, ora finalmente sappiamo che Elisabetta è l'assassina, ma con la bomba come la mettiamo e soprattutto, non sappiamo ancora i biechi motivi che hanno spinto la ragazza alla strage. Alex indaga e instaura un dialogo in punto di morte con la ragazza ... quando si dice, il passato che ritorna! ALEX FEDELE EPISODIO 23: LE PUNIZIONI DELLA KAREN 5° ed ultima parte!
NON PERDETELA PER NESSUNA RAGIONE! Solo qui a partire dal 21/01/2012
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