LA LEGGENDA DEL GABBIANO NERO(3°parte)
COS’E’ SUCCESSO
NELLE PRIME DUE PARTI:
La famiglia
Pelviani, proprietaria di un’azienda di capitale ricchissimo ingaggia me e
Flavio per una presunta maledizione che aleggia sulla famiglia da circa
vent’anni dovuto ad uno stupro che il capofamiglia, ormai defunto, compi quando
era giovanissimo. Una volta arrivati lì, e cenato, c’è un violento litigio a
tavola tra due membri della numerosissima famiglia, Franco e Enrico. Poco dopo
Franco viene trovato morto nella sua stanza con una profonda ferita da taglio
vicino alla gola che assomiglia alla forma adunca che ha il becco di un uccello
…
Intanto, io e Fabio
decidiamo di controllare se c’è una cabina telefonica dalla quale chiamare la
polizia. Ci accorgiamo però che le corde del ponte che collegavano la zona dei
Pelviani alla civiltà sono stati recisi esattamente come i fili del telefono.
Organizziamo quindi una spedizione per perlustrare il boschetto palmo a palmo,
ma durante questa, viene ritrovato il cadavere di Salvo nel bosco, trafitto da
un pugnale al petto. Rientrati in casa, Lucia, la moglie di Nestore, cugino dei
Pelviani, ha un grande mal di testa dovuto ad un disturbo della pressione.
Prende per ciò una pillola, ma poco tempo muore. Ne sono sicuro. E’
avvelenamento da cianuro. Vado in cucina e noto come ci sia qualcosa di strano
nella confezione. Poi apro la pattumiera e noto come ci siano un paio di
guanti.
CAPITOLO
VII – Il mostro
Ora so chi è
l’assassino. Sussurrai questa frase tra me e me. Avevo scoperto trucchi e nome
dell’omicida e non vedevo l’ora di dirlo. Entrai nel salone con proverbiale
indifferenza.
«Alex, cosa sei
andato a fare in cucina?» mi chiese Bianca.
«Indagini».
«Hai scoperto
qualcosa fratellone?». Mio fratello e la sua voglia di mettere il naso ovunque.
«Forse sì Andrea,
forse sì».
«Uao! Mi dici chi
è l’assassino?»
«Non ancora, devi
aspettare mio caro» dissi sorridendo. Poi continuai «Lei è un po’ scossa per
caso signorina?» chiesi con ironia a Bianca.
«Allora, vediamo.
Nelle ultime cinque o sei ore ci sono stati tre omicidi. Secondo te come posso
sentirmi?».
«Uno schifo?».
«Sei perspicace».
«Davvero ti senti
così? Pensavo che per la figlia di un detective fosse normale trascorrere le
giornate tra omicidi e casi vari».
«Be’ pensavi male»
disse irritata.
«Che caratterino.
Non volevo mica offenderti sai? Ah le donne … » e così facendo mi allontanai
per andare verso Flavio.
«Allora Flavio,
scoperto qualcosa?».
«No, ma ho delle
mie convinzioni, tu?»
«So l’assassino».
«Se fare il
detective sarebbe una gara per sbruffoni, tu saresti il migliore al mondo»
«No seriamente. Ho
scoperto trucchi e nome dell’assassino».
«E come hai fatto?
Ne sei sicuro?» mi disse lisciandosi la barba incolta col pollice.
«Certo» risposi
con diffidenza.
«Secondo te chi è?
Non dirmelo aspetta. Sussurramelo all’orecchio»
Gli sussurrai
esattamente ciò che voleva sentire.
«Ci troviamo
questa volta a quanto vedo» commentai allontanandomi.
«Sì. Allora,vuoi
mettere la parola fine adesso ragazzo?».
«Sì, non possiamo
più aspettare. Nel caso in cui decidesse di colpire ancora».
«Ok, ti appoggio».
Mi sedetti sul
divanetto che era rimasto vuoto. Lucia era stata portata da suo marito in
camera da letto. Proprio allora scendeva anche Nestore. Inutile dirvi che il
marito della vittima era distrutto. Gli occhi erano praticamente due
pozzanghere, le labbra si contorcevano in un pianto isterico e tragico.
Nel silenzio,
presi parola.
«Signora Celine»
dissi richiamando l’attenzione dell’anziana signora.
«Sì ragazzo? Hai
bisogno di qualcosa?».
«Si ricorda quando
siamo usciti per perlustrare il bosco e lei mi ha detto che era più al sicuro
lei da sola qui che noi là fuori? Ricorda queste sue parole?».
«Certo ragazzo, ma
perché me lo chiedi?».
«Sa che aveva
ragione?».
Mi guardò con
un’espressione che mi fece sentire un idiota. «No davvero signora Celine, lei
aveva capito fin da subito che l’omicida fosse uno di queste persone che sono
sedute nel salottino»
Non proferì
parola.
Enrico, genero di
Celine e fratello di Rocco, prima vittima della leggenda del Gabbiano Nero, mi
accusò di essere troppo “azzardato”.
«No, Enrico. Mi
scusi, ma non lo sono. La signora Celine ha avuto ragione fin dal primo momento
abbiamo messo piede in questa casa. La leggenda/maledizione, come la si voglia
chiamare, non esiste. Né esistono punizioni da parte di animali geneticamente
modificati. Qui c’è un omicida che si sta divertendo un mondo ad ucciderci uno
dopo l’altro»
«Tu che parli
tanto, sai chi è?» chiese Roberto.
«Certo signor
Roberto. So perfettamente chi è. So anche i suoi trucchi, non si preoccupi di
questo».
Roberto, Enrico,Celine
e Nestore mi guardavano inesorabilmente.
«E lo sa anche
lei! Perché il colpevole dei tre omicidi è lei signor Roberto! Non perdiamo
tempo e confessi!»
Notai il suo viso
cambiare espressione e quello di Flavio riempirsi di autocompiacimento. Non ero
stato esattamente diplomatico, questo me la concedo come critica costruttiva.
«Ah davvero? Pensi
che io sia l’omicida?Guarda che è stato Enrico a litigare con Franco a tavola,
non io».
Enrico lo guardò
di fuoco. Io risposi a tono. «Non c’entra assolutamente nulla. Enrico è
scagionato dai sospetti ed anche sua madre. Ma aspetti, lascia che le spieghi
come ha agito, vediamo se ho indovinato»
Presi fiato, poi
cominciai. «Ha organizzato tutto ad hoc. Se fosse un film, invece della vita
reale dovrei farle i complimenti. Ma purtroppo ha tolto la vita a ben tre
persone».
«Spiegaci come ha
fatto Alex» disse Fabio.
«Per quanto
riguarda il primo omicidio, prima che noi arrivassimo si è recato nella camera
dove è stato commesso il delitto. Approfittando della tenda, ha preso una scala
ed ha impugnato il gancio ritrovato a terra con le tracce ematiche della povera
vittima. Ha posizionato il gancio sul bastone della tenda ed ha incastrato con
forza la punta adunca del gancio in una parte di essa, premendo con forza per
far sì che arrivasse fino in fondo. Ha legato poi del cordoncino molto strano,
trasparente, simile al cotone ad un’estremità del gancio e lo ha collegato alla
cordicella che si usa per tirare la tenda. Lo stesso cordoncino che è stato
trovato in camera. Sapeva che suo fratello aveva la mania di aprire le tende
per assicurarsi di vedere la luna. La povera vittima ha tirato la tenda, ma il
movimento del cordoncino collegato al gancio ha fatto sì che lo stesso gancio
fosse tirato verso il basso. Il gancetto ha cominciato a far pressione sulla
parte della tenda nella quale era stato conficcato, l’ha lacerata ed è caduto a
peso morto, strusciando quel tanto che basta sulla gola della vittima recidendogli
le arterie. Non è stato difficile. La prova la troveremo sicuramente quando
arriverà la polizia domattina. Infatti, sulla scala che lei ha adoperato per il
trucco ci saranno le sue impronte digitali. Senza contare che ha avuto tutto il
tempo per preparare questo trucco. E’ arrivati prima di tutti gli altri. Lo ha
detto la signora Celine ieri sera».
Stava per cedere.
Lo sentivo, lo guardavo e mi compiacevo dal come stesse per crollare.
«Per quanto
riguarda l’omicidio di Salvo, lei non aveva nei piani di commetterlo. Ma
malauguratamente il ragazzo in qualche modo aveva scoperto tutto. Così lei lo
ha freddato senza pietà accoltellandolo in pieno petto. Ha finto di essersi
smarrito e di aver smarrito il suo compagno per sviare i sospetti, ma non le è
bastato».
«E dove le trovi
le prove di questo, ragazzino detective? Dove le trovi?».
La sfida era stata
lanciata.
«Lei ha affermato
di aver perso di vista il suo compagno vero? Eppure eravate lontani non più di
dieci-quindici metri. Com’è possibile se aveva la torcia con sé?».
Rabbrividì.
«Suvvia signor Roberto, sa anche lei che quella torcia illumina in modo
notevole. Un’area di dieci metri sarebbe risultata visibile. Come mai lei non
ha visto il suo compagno? Stava mentendo, glielo dico io».
La stanza era
ammutolita.
«Ma sull’omicidio
di Lucia non c’entra niente non è vero Alex?» chiese Bianca candidamente.
«Mi dispiace
deluderti, ma c’entra eccome. Poco prima di morire per avvelenamento da cianuro
di potassio, la signorina Lucia ha detto di aver comprato la confezione di
pillole per la pressione, la mattina stessa. Ma quando sono andato in cucina,
mancavano le prime due e la confezione era stata manomessa già da chissà quanto
tempo. Sono certo che il colpevole ha tolto le prime due pillole che formavano
ovviamente la prima fila delle cinque sulla confezione di alluminio e poi ha
sostituito la terza con del cianuro di potassio in pillole. Ha approfittato
anche del fatto che le pillole sarebbero state prese per assunzione orale senza
che dovessero essere sciolte in acqua. Infatti il cianuro non si scioglie nei
liquidi e risulta impossibile non scoprire il trucco».
«Così,» intervenne
Flavio, « ha sostituito, ma …allora …Nestore ha del veleno sulle mani?» chiese allarmato.
«Esattamente. Non
si lecchi le mani o qualcosa del genere signor Nestore. Potrebbe morire anche
lei che ha toccato con le mani la pillola di veleno. Signor Roberto. Lei ha
preparato il tutto minuziosamente, ma per sua sfortuna non è andata come
sperava. Scommetto tra l’altro che lei ha della polvere bianca sotto le unghie.
L’agitazione nel togliere repentinamente le pillole normali dalla confezione le
ha fatto arginare le pillole con le unghie. Sono sicuro che ha ancora quelle
tracce perché ha compiuto il tutto prima che lanciasse l’allarme per la morte
di Salvo nel bosco. Ha ucciso il ragazzo, è corso qui ed ha preparato tutto.
Inoltre in cucina ho ritrovato i suoi guanti. Deve averli dimenticati o buttati
nella pattumiera per stizza».
Il suo sguardo era
vitreo e poco lucido. Mi osservava come se lo avessi pugnalato. Vi assicuro che
non sarebbe uscito nemmeno un po’ di sangue.
«Allora signor
Roberto. Vogliamo confessare?».
Si sedette sul
divano dal quale si era alzato per nervoso. «Hai ragione. Li ho uccisi io. E
anche mio padre e mio fratello anni fa. E’ tutta opera mia. L’ho fatto perché
volevo che mi fosse dato campo libero nell’azienda. Come ha detto il ragazzo ho
ucciso Salvo perché mi aveva scoperto e Lucia perché mi ero accorto che stava
con Nestore solo per mirare al patrimonio».
«Lei è uno stupido»
concluse Flavio.«Uccidere per dei soldi è una cosa riprovevole. Uccidere è una
cosa riprovevole. Avrà modo di accorgersene in prigione, dove potrà espiare le
sue colpe. Gli auguro di potersi pentire, per ciò che ha fatto».
La polizia arrivò
la mattina stessa, dopo circa un’ora e mezza di attesa. Portarono Roberto in
manette. L’incubo era finito. Prima di andarsene Roberto abbracciò sua madre e
lei ricambiò il gesto d’affetto. Il legame tra madre e figlio è indissolubile.
Non sapremo mai se la signora Celine fosse a conoscenza di tutto fin
dall’inizio, ma la mia sensazione fu quella. Lei non aveva voluto venire con
noi a setacciare il bosco, lei aveva presentato tutti i suoi figli e diceva di
avere figli, nipoti, parenti vari meravigliosi. Ma credo che lei sapesse fin
dall’inizio che il colpevole fosse suo figlio. Me ne accorsi da come la
guardai, da come lo sguardo di una madre scrutò suo figlio. Uno sguardo pieno
di severità, ma al contempo uno sguardo, evidentemente di parte, che non vuole
lasciare andare il figlio, ma che è conscio che suo figlio ha commesso un reato
efferato, che deve essere per forza punito.
Tornammo a casa
verso le dieci di sera. Ripensammo a vari aneddoti.
«Non posso credere
sia stato davvero Roberto» esordì Bianca.
«Eppure è così.
Spesso l’assassino si nasconde dietro la persona all’apparenza più innocente.
E’ uno status quo, quasi un’imposizione consolidata. Bisogna evitare colpi di
testa quando si è detective e pazientare». Flavio e le sue perle di saggezza.
«A proposito di
colpi di testa» dissi rivolgendomi a Fabio «come va la botta?».
«Non c’è male. Ho
un po’ di mal di testa, ma con una bella dormita svanirà».
«Figliolo, l’ho
sempre detto che sei un tonto» affermò Flavio inarcando un sopracciglio
«Papà, ma non è
colpa mia se … ».
«Sì, ma il
problema non è se è colpa tua o meno. Il punto è che ti fai sempre male.
Ricordi l’anno scorso? Ti regalai l’auto che hai tuttora ed al primo giro
facesti un incidente. Risultato: una costola rotta. E cosa dire di quando avevi
solo quindici anni? Io e tua madre comprammo lo scooter, ma tu per l’euforia
andasti a sbattere contro lo spigolo della porta con le parti intime. E ancora
quando … ».
«Ok, abbiamo
capito. Non c’è bisogno che mi elenchi la filmografia completa dei miei guai»
disse con stizza il ragazzo.
«Ci sarebbe da
scriverci un libro» disse ridendo Bianca. Poi continuò «non riesco ad aprire
questa bottiglietta d’acqua. Sembra l’abbiano sigillata con la colla».
«Ci penso io!»
disse con euforia Fabio. Poi il disastro. Mise troppa forza e l’acqua schizzò
in tutta l’automobile, bagnando i sedili dell’auto tanto cara a Flavio.
«Fabio! Guaio
della mia vita!» le urla su udirono fino a Cuneo. «Lo vedi che combini sempre
disastri?».
«Scusate!». Fabio
cercava di giustificarsi dimenandosi a più non posso per riuscire a sfuggire
almeno fisicamente alla furia di suo padre.
E’ inutile, Fabio
era un bravo ragazzo ma era un combina guai, non cambiava mai. Forse era quello
che lo rendeva simpatico. Chissà cosa ne avrebbe pensato Martina, la ragazza
della quale si era innamorato?
ANTICIPAZIONE EPISODIO 10: Il figlio modello, la moglie modello, il padre modello, la famiglia modello. Ma siamo sicuri che sia davvero così? Toccherà ad Alex Fedele accertarlo, assaporando drammi familiari, bugie piene di odio e soprattutto ... la matematica, la scienza più complessa che ci sia! ALEX FEDELE EPISODIO 10: IL GENIO DELLA MATEMATICA!
Solo su questo blog, a partire dal 22 Ottobre 2011! NON PERDETELO PER NESSUNA RAGIONE!
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