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sabato 15 ottobre 2011

Alex Fedele: La leggenda del gabbiano nero(stagione 1; episodio 9) 3°parte.


LA LEGGENDA DEL GABBIANO NERO(3°parte)



COS’E’ SUCCESSO NELLE PRIME DUE PARTI:

La famiglia Pelviani, proprietaria di un’azienda di capitale ricchissimo ingaggia me e Flavio per una presunta maledizione che aleggia sulla famiglia da circa vent’anni dovuto ad uno stupro che il capofamiglia, ormai defunto, compi quando era giovanissimo. Una volta arrivati lì, e cenato, c’è un violento litigio a tavola tra due membri della numerosissima famiglia, Franco e Enrico. Poco dopo Franco viene trovato morto nella sua stanza con una profonda ferita da taglio vicino alla gola che assomiglia alla forma adunca che ha il becco di un uccello …
Intanto, io e Fabio decidiamo di controllare se c’è una cabina telefonica dalla quale chiamare la polizia. Ci accorgiamo però che le corde del ponte che collegavano la zona dei Pelviani alla civiltà sono stati recisi esattamente come i fili del telefono. Organizziamo quindi una spedizione per perlustrare il boschetto palmo a palmo, ma durante questa, viene ritrovato il cadavere di Salvo nel bosco, trafitto da un pugnale al petto. Rientrati in casa, Lucia, la moglie di Nestore, cugino dei Pelviani, ha un grande mal di testa dovuto ad un disturbo della pressione. Prende per ciò una pillola, ma poco tempo muore. Ne sono sicuro. E’ avvelenamento da cianuro. Vado in cucina e noto come ci sia qualcosa di strano nella confezione. Poi apro la pattumiera e noto come ci siano un paio di guanti.



CAPITOLO VII – Il mostro

Ora so chi è l’assassino. Sussurrai questa frase tra me e me. Avevo scoperto trucchi e nome dell’omicida e non vedevo l’ora di dirlo. Entrai nel salone con proverbiale indifferenza.
«Alex, cosa sei andato a fare in cucina?» mi chiese Bianca.
«Indagini».
«Hai scoperto qualcosa fratellone?». Mio fratello e la sua voglia di mettere il naso ovunque.
«Forse sì Andrea, forse sì».
«Uao! Mi dici chi è l’assassino?»
«Non ancora, devi aspettare mio caro» dissi sorridendo. Poi continuai «Lei è un po’ scossa per caso signorina?» chiesi con ironia a Bianca.
«Allora, vediamo. Nelle ultime cinque o sei ore ci sono stati tre omicidi. Secondo te come posso sentirmi?».
«Uno schifo?».
«Sei perspicace».
«Davvero ti senti così? Pensavo che per la figlia di un detective fosse normale trascorrere le giornate tra omicidi e casi vari».
«Be’ pensavi male» disse irritata.
«Che caratterino. Non volevo mica offenderti sai? Ah le donne … » e così facendo mi allontanai per andare verso Flavio.
«Allora Flavio, scoperto qualcosa?».
«No, ma ho delle mie convinzioni, tu?»
«So l’assassino».
«Se fare il detective sarebbe una gara per sbruffoni, tu saresti il migliore al mondo»
«No seriamente. Ho scoperto trucchi e nome dell’assassino».
«E come hai fatto? Ne sei sicuro?» mi disse lisciandosi la barba incolta col pollice.
«Certo» risposi con diffidenza.
«Secondo te chi è? Non dirmelo aspetta. Sussurramelo all’orecchio»
Gli sussurrai esattamente ciò che voleva sentire.
«Ci troviamo questa volta a quanto vedo» commentai allontanandomi.
«Sì. Allora,vuoi mettere la parola fine adesso ragazzo?».
«Sì, non possiamo più aspettare. Nel caso in cui decidesse di colpire ancora».
«Ok, ti appoggio».
Mi sedetti sul divanetto che era rimasto vuoto. Lucia era stata portata da suo marito in camera da letto. Proprio allora scendeva anche Nestore. Inutile dirvi che il marito della vittima era distrutto. Gli occhi erano praticamente due pozzanghere, le labbra si contorcevano in un pianto isterico e tragico.
Nel silenzio, presi parola.
«Signora Celine» dissi richiamando l’attenzione dell’anziana signora.
«Sì ragazzo? Hai bisogno di qualcosa?».
«Si ricorda quando siamo usciti per perlustrare il bosco e lei mi ha detto che era più al sicuro lei da sola qui che noi là fuori? Ricorda queste sue parole?».
«Certo ragazzo, ma perché me lo chiedi?».
«Sa che aveva ragione?».
Mi guardò con un’espressione che mi fece sentire un idiota. «No davvero signora Celine, lei aveva capito fin da subito che l’omicida fosse uno di queste persone che sono sedute nel salottino»
Non proferì parola.
Enrico, genero di Celine e fratello di Rocco, prima vittima della leggenda del Gabbiano Nero, mi accusò di essere troppo “azzardato”.
«No, Enrico. Mi scusi, ma non lo sono. La signora Celine ha avuto ragione fin dal primo momento abbiamo messo piede in questa casa. La leggenda/maledizione, come la si voglia chiamare, non esiste. Né esistono punizioni da parte di animali geneticamente modificati. Qui c’è un omicida che si sta divertendo un mondo ad ucciderci uno dopo l’altro»
«Tu che parli tanto, sai chi è?» chiese Roberto.
«Certo signor Roberto. So perfettamente chi è. So anche i suoi trucchi, non si preoccupi di questo».
Roberto, Enrico,Celine e Nestore mi guardavano inesorabilmente.
«E lo sa anche lei! Perché il colpevole dei tre omicidi è lei signor Roberto! Non perdiamo tempo e confessi!»
Notai il suo viso cambiare espressione e quello di Flavio riempirsi di autocompiacimento. Non ero stato esattamente diplomatico, questo me la concedo come critica costruttiva.
«Ah davvero? Pensi che io sia l’omicida?Guarda che è stato Enrico a litigare con Franco a tavola, non io».
Enrico lo guardò di fuoco. Io risposi a tono. «Non c’entra assolutamente nulla. Enrico è scagionato dai sospetti ed anche sua madre. Ma aspetti, lascia che le spieghi come ha agito, vediamo se ho indovinato»
Presi fiato, poi cominciai. «Ha organizzato tutto ad hoc. Se fosse un film, invece della vita reale dovrei farle i complimenti. Ma purtroppo ha tolto la vita a ben tre persone».
«Spiegaci come ha fatto Alex» disse Fabio.
«Per quanto riguarda il primo omicidio, prima che noi arrivassimo si è recato nella camera dove è stato commesso il delitto. Approfittando della tenda, ha preso una scala ed ha impugnato il gancio ritrovato a terra con le tracce ematiche della povera vittima. Ha posizionato il gancio sul bastone della tenda ed ha incastrato con forza la punta adunca del gancio in una parte di essa, premendo con forza per far sì che arrivasse fino in fondo. Ha legato poi del cordoncino molto strano, trasparente, simile al cotone ad un’estremità del gancio e lo ha collegato alla cordicella che si usa per tirare la tenda. Lo stesso cordoncino che è stato trovato in camera. Sapeva che suo fratello aveva la mania di aprire le tende per assicurarsi di vedere la luna. La povera vittima ha tirato la tenda, ma il movimento del cordoncino collegato al gancio ha fatto sì che lo stesso gancio fosse tirato verso il basso. Il gancetto ha cominciato a far pressione sulla parte della tenda nella quale era stato conficcato, l’ha lacerata ed è caduto a peso morto, strusciando quel tanto che basta sulla gola della vittima recidendogli le arterie. Non è stato difficile. La prova la troveremo sicuramente quando arriverà la polizia domattina. Infatti, sulla scala che lei ha adoperato per il trucco ci saranno le sue impronte digitali. Senza contare che ha avuto tutto il tempo per preparare questo trucco. E’ arrivati prima di tutti gli altri. Lo ha detto la signora Celine ieri sera».
Stava per cedere. Lo sentivo, lo guardavo e mi compiacevo dal come stesse per crollare.
«Per quanto riguarda l’omicidio di Salvo, lei non aveva nei piani di commetterlo. Ma malauguratamente il ragazzo in qualche modo aveva scoperto tutto. Così lei lo ha freddato senza pietà accoltellandolo in pieno petto. Ha finto di essersi smarrito e di aver smarrito il suo compagno per sviare i sospetti, ma non le è bastato».
«E dove le trovi le prove di questo, ragazzino detective? Dove le trovi?».
La sfida era stata lanciata.
«Lei ha affermato di aver perso di vista il suo compagno vero? Eppure eravate lontani non più di dieci-quindici metri. Com’è possibile se aveva la torcia con sé?».
Rabbrividì. «Suvvia signor Roberto, sa anche lei che quella torcia illumina in modo notevole. Un’area di dieci metri sarebbe risultata visibile. Come mai lei non ha visto il suo compagno? Stava mentendo, glielo dico io».
La stanza era ammutolita.
«Ma sull’omicidio di Lucia non c’entra niente non è vero Alex?» chiese Bianca candidamente.
«Mi dispiace deluderti, ma c’entra eccome. Poco prima di morire per avvelenamento da cianuro di potassio, la signorina Lucia ha detto di aver comprato la confezione di pillole per la pressione, la mattina stessa. Ma quando sono andato in cucina, mancavano le prime due e la confezione era stata manomessa già da chissà quanto tempo. Sono certo che il colpevole ha tolto le prime due pillole che formavano ovviamente la prima fila delle cinque sulla confezione di alluminio e poi ha sostituito la terza con del cianuro di potassio in pillole. Ha approfittato anche del fatto che le pillole sarebbero state prese per assunzione orale senza che dovessero essere sciolte in acqua. Infatti il cianuro non si scioglie nei liquidi e risulta impossibile non scoprire il trucco».
«Così,» intervenne Flavio, « ha sostituito, ma …allora …Nestore ha del veleno sulle mani?» chiese allarmato.
«Esattamente. Non si lecchi le mani o qualcosa del genere signor Nestore. Potrebbe morire anche lei che ha toccato con le mani la pillola di veleno. Signor Roberto. Lei ha preparato il tutto minuziosamente, ma per sua sfortuna non è andata come sperava. Scommetto tra l’altro che lei ha della polvere bianca sotto le unghie. L’agitazione nel togliere repentinamente le pillole normali dalla confezione le ha fatto arginare le pillole con le unghie. Sono sicuro che ha ancora quelle tracce perché ha compiuto il tutto prima che lanciasse l’allarme per la morte di Salvo nel bosco. Ha ucciso il ragazzo, è corso qui ed ha preparato tutto. Inoltre in cucina ho ritrovato i suoi guanti. Deve averli dimenticati o buttati nella pattumiera per stizza».
Il suo sguardo era vitreo e poco lucido. Mi osservava come se lo avessi pugnalato. Vi assicuro che non sarebbe uscito nemmeno un po’ di sangue.
«Allora signor Roberto. Vogliamo confessare?».
Si sedette sul divano dal quale si era alzato per nervoso. «Hai ragione. Li ho uccisi io. E anche mio padre e mio fratello anni fa. E’ tutta opera mia. L’ho fatto perché volevo che mi fosse dato campo libero nell’azienda. Come ha detto il ragazzo ho ucciso Salvo perché mi aveva scoperto e Lucia perché mi ero accorto che stava con Nestore solo per mirare al patrimonio».
«Lei è uno stupido» concluse Flavio.«Uccidere per dei soldi è una cosa riprovevole. Uccidere è una cosa riprovevole. Avrà modo di accorgersene in prigione, dove potrà espiare le sue colpe. Gli auguro di potersi pentire, per ciò che ha fatto».

La polizia arrivò la mattina stessa, dopo circa un’ora e mezza di attesa. Portarono Roberto in manette. L’incubo era finito. Prima di andarsene Roberto abbracciò sua madre e lei ricambiò il gesto d’affetto. Il legame tra madre e figlio è indissolubile. Non sapremo mai se la signora Celine fosse a conoscenza di tutto fin dall’inizio, ma la mia sensazione fu quella. Lei non aveva voluto venire con noi a setacciare il bosco, lei aveva presentato tutti i suoi figli e diceva di avere figli, nipoti, parenti vari meravigliosi. Ma credo che lei sapesse fin dall’inizio che il colpevole fosse suo figlio. Me ne accorsi da come la guardai, da come lo sguardo di una madre scrutò suo figlio. Uno sguardo pieno di severità, ma al contempo uno sguardo, evidentemente di parte, che non vuole lasciare andare il figlio, ma che è conscio che suo figlio ha commesso un reato efferato, che deve essere per forza punito.
Tornammo a casa verso le dieci di sera. Ripensammo a vari aneddoti.
«Non posso credere sia stato davvero Roberto» esordì Bianca.
«Eppure è così. Spesso l’assassino si nasconde dietro la persona all’apparenza più innocente. E’ uno status quo, quasi un’imposizione consolidata. Bisogna evitare colpi di testa quando si è detective e pazientare». Flavio e le sue perle di saggezza.
«A proposito di colpi di testa» dissi rivolgendomi a Fabio «come va la botta?».
«Non c’è male. Ho un po’ di mal di testa, ma con una bella dormita svanirà».
«Figliolo, l’ho sempre detto che sei un tonto» affermò Flavio inarcando un sopracciglio
«Papà, ma non è colpa mia se … ».
«Sì, ma il problema non è se è colpa tua o meno. Il punto è che ti fai sempre male. Ricordi l’anno scorso? Ti regalai l’auto che hai tuttora ed al primo giro facesti un incidente. Risultato: una costola rotta. E cosa dire di quando avevi solo quindici anni? Io e tua madre comprammo lo scooter, ma tu per l’euforia andasti a sbattere contro lo spigolo della porta con le parti intime. E ancora quando … ».
«Ok, abbiamo capito. Non c’è bisogno che mi elenchi la filmografia completa dei miei guai» disse con stizza il ragazzo.
«Ci sarebbe da scriverci un libro» disse ridendo Bianca. Poi continuò «non riesco ad aprire questa bottiglietta d’acqua. Sembra l’abbiano sigillata con la colla».
«Ci penso io!» disse con euforia Fabio. Poi il disastro. Mise troppa forza e l’acqua schizzò in tutta l’automobile, bagnando i sedili dell’auto tanto cara a Flavio.
«Fabio! Guaio della mia vita!» le urla su udirono fino a Cuneo. «Lo vedi che combini sempre disastri?».
«Scusate!». Fabio cercava di giustificarsi dimenandosi a più non posso per riuscire a sfuggire almeno fisicamente alla furia di suo padre.
E’ inutile, Fabio era un bravo ragazzo ma era un combina guai, non cambiava mai. Forse era quello che lo rendeva simpatico. Chissà cosa ne avrebbe pensato Martina, la ragazza della quale si era innamorato?

ANTICIPAZIONE EPISODIO 10: Il figlio modello, la moglie modello, il padre modello, la famiglia modello. Ma siamo sicuri che sia davvero così? Toccherà ad Alex Fedele accertarlo, assaporando drammi familiari, bugie piene di odio e soprattutto ... la matematica, la scienza più complessa che ci sia! ALEX FEDELE EPISODIO 10: IL GENIO DELLA MATEMATICA! 
Solo su questo blog, a partire dal 22 Ottobre 2011! NON PERDETELO PER NESSUNA RAGIONE!

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